Dopo la fine dell'Urss siamo stati trionfalisti. L'occidente sta perdendo le sue libertà
Per Andrew Michta “il collasso sovietico ha rafforzato i neo-marxisti. È tempo per tutti di difendere la libertà. E di farlo ad alta voce". L'analisi dell’American Interest
"È ora di dirlo: le democrazie in tutto l’occidente sono a un punto di svolta sulla libertà di espressione e non è chiaro in che modo le cose andranno nei prossimi venti o trent’anni”, scrive lo storico americano Andrew Michta. “In alcuni casi, i governi apparentemente liberali hanno già fatto delle mosse poliziesche e sopprimono ciò che ritengono un discorso inaccettabile. Troppo spesso, sembra non importare ciò che viene detto in una discussione, ma piuttosto chi lo dice e come è detto. E quando le persone esprimono opinioni non ortodosse, è spesso in toni sommessi, per paura che un commento sentito possa uccidere la loro carriera e ostracizzarli dalla società colta […]. L’abbandono di questa fondamentale libertà democratica che è esprimere la propria opinione sembra essere diventata la norma in tutto l’occidente, come se le nostre élite e governi si precipitassero lungo la strada verso una nuova distopia. Come siamo arrivati qui?
Ormai da decenni la libertà di parlare e di discutere – il diritto fondamentale di un popolo libero – è stata assalita dai sostenitori neo marxisti di una ‘società più giusta’. Ma è solo di recente che i loro sforzi sono riusciti a chiudere una gamma sempre più ampia di luoghi di dibattito pubblico: prima nel mondo accademico, poi nei media e negli ultimi anni in politica. Quando la fedeltà ideologica (liberale contro illiberale) è diventata una cartina di tornasole per ciò che costituisce un appropriato discorso pubblico? E come siamo arrivati al punto in cui le espressioni politiche di preoccupazione per il benessere economico e sociale della nazione sono ‘xenofobia’, e dove l’unico lodevole uso del potere americano è quello di abbracciare incondizionatamente la globalizzazione? Perché in Europa oggi la tradizionale generosità dei suoi abitanti è quasi scontata, mentre il desiderio di quella stessa cittadinanza di garantire il proprio benessere e sicurezza e di trasmettere la propria eredità culturale alla generazione successiva è spesso insultato come intolleranza dall’intellighenzia, dai politici e dai media?
Quest’ultima ondata neo marxista verso la non-libertà è avvenuta nell’arco di una singola generazione, il risultato di uno smantellamento culturale. Ironia della sorte, questo ultimo attacco contro i valori fondanti della nostra tradizione democratica è stato esacerbato dal più grande trionfo ideologico nella storia dell’occidente e, a ben vedere, anche il nostro momento più pericoloso. L’anno era il 1990 – il primo governo post comunista era già stato formato in Polonia un anno prima, gli ungheresi avevano aperto i loro confini per permettere ai rifugiati dalla Germania dell’Est di fuggire, e i cechi e gli slovacchi si erano riuniti in piazza Venceslao per dire alla mafia comunista che era ora di andarsene. Poi cadde il Muro di Berlino e i tedeschi trattennero il fiato, sperando contro ogni forza che il sogno, un tempo impossibile, della riunificazione potesse diventare realtà. Il mondo sembrava perfettamente pronto a un nuovo tsunami di libertà. La storia era dalla nostra parte, o almeno così reclamava una pletora di editoriali, articoli accademici e teste parlanti in televisione. Ora che tutta l’Europa aveva affermato il valore della libertà, non era ovvio che avrebbe conquistato il mondo?
Eppure il momento del crollo sovietico ha portato una minaccia nascosta che, in meno di tre decenni, avrebbe approfondito le nostre divisioni e indebolito le basi della libertà individuale. Il nostro senso di vittoria conteneva al suo interno i semi di un pericolo che l’occidente non aveva mai affrontato: la certezza ideologica – non solo a sinistra – che avevamo incrinato il codice della condizione umana e potevamo andare avanti con il lavoro di perfezionare l’individuo e la società. Quando non ci fu più l’esperimento tossico dei bolscevichi che costò milioni di vite e creò indicibili miserie umane, la tentazione del trionfalismo si dimostrò troppo seducente. Dal momento che sembrava plausibile a un livello basilare che il capitalismo liberale di mercato avesse sopraffatto il comunismo, ne seguì che non vi erano limiti a ciò che le riforme istituzionali e di mercato potevano conseguire. Nel suo momento di trionfo, l’occidente cadde vittima di un’illusione post illuministica della perfettibilità dell’uomo. Il collasso sovietico ha rafforzato i neo marxisti e i compagni del progresso in occidente per volgersi verso l’interno e concentrarsi sul ‘nemico interiore’, cioè, quello del ‘sistema’.
Senza un ricordo tangibile di quali sforzi per riprogettare l’umanità aveva prodotto in Europa e altrove, divenne possibile per l’ideologicamente impegnato costruire una narrazione di ciò che il ‘vero socialismo’ avrebbe potuto realizzare se solo gli stalinisti e i maoisti non avessero corrotto il sogno collettivista […]. Sfortunatamente, non è un’esagerazione affermare che la libertà sta calando in tutto l’occidente, non perché gli eserciti stranieri ci hanno sconfitto in battaglia, o perché tutta la nostra ricchezza è stata prosciugata da un potere economico alieno. Piuttosto, l’occidente è sempre più a rischio di diventare ‘post democratico’ perché i suoi valori di base della libertà di espressione e della libertà e della sovranità dell’individuo sono banditi dall’agorà pubblica. L’occidente si sta frammentando lungo linee razziali, etniche e ideologiche. Con la libertà di parola sotto l’assalto, l’occidente, sia come politica che come eredità culturale distinta, è in preda a una battaglia fondamentale per la sopravvivenza delle sue tradizioni democratiche. E’ tempo per tutti noi di difendere la libertà. E di farlo ad alta voce”.
Il Foglio internazionale