I socialisti a cavallo del capitalismo
Il Wall Street Journal analizza Bernie Sanders e gli altri della sinistra americana
“Se a gennaio 2015 aveste chiesto a, tipo, cinquanta milioni di elettori americani che cosa venisse loro in mente a sentire ‘Bernie Sanders’, il 99,9 per cento vi avrebbe risposto ‘nulla’. Se all’inizio del 2018 aveste fatto lo stesso con ‘Alexandria Ocasio-Cortez’, avreste ricevuto la stessa risposta: nada”. Così scrive Daniel Henninger sul Wall Street Journal. “Oggi, i due socialisti sono nomi di rango. Il Partito democratico è loro. ‘Bernie’ si ricandida alle presidenziali. Nei sondaggi sulla più bella del reame è appena dietro al vicepresidente di Barack Obama (Joe Biden, ndt). E per gli standard della cultura politica americana, AOC è una star. La scienza non crede più al destino scritto nei geni.
Ma in politica, che nessuno prende per scienza, era inevitabile che il codice genetico dei democratici un giorno li portasse a questa situazione, a essere il partito dell’estrema sinistra senza alcuna vergogna. La sinistra americana entrò in declino dopo la Seconda guerra mondiale, mentre l’economia americana rinasceva. È impossibile sovrastimare il ruolo cruciale ricoperto dai sindacati del settore privato (automobilistico, dell’alluminio, delle miniere) nel tener centrati i democratici. Qualsiasi tensione ci fosse con il capitalismo industriale, i leader sindacali come George Meany, Lane Kirkland e Leonard Woodcock sapevano che il loro successo dipendeva dal successo del settore privato. Col declino dei sindacati del privato e l’ascesa di quelli del pubblico, la cui linfa vitale è il gettito delle tasse, sparì un significativo ostacolo allo slittamento del partito verso il socialismo. La sinistra democratica riemerse negli anni Sessanta e Settanta, spingendo il partito fuori dalle norme culturali e politiche con le proteste di piazza, le marce pacifiste e le occupazioni universitarie.
Senza una rigorosa opposizione interna, le frange del partito se ne stanno rimpossessando. Obama è una figura centrale di questa storia, in quanto ha tenuto la porta aperta ai socialisti con i suoi infiniti discorsi sugli ‘ultra-ricchi’ e ‘l’1 per cento’. La sconfitta di Hillary Clinton nel 2016 è la cosa migliore mai successa alla sinistra dei democratici dal dopoguerra a oggi. La Clinton rappresentava tutto quel che rimaneva dei rispettabili intellettuali amministrativi che avevano lavorato con Bill Cliton e Al Gore. L’economia comportamentale e quella roba là. La sinistra si era stufata. Sanders si è trovato al posto giusto nel momento giusto. Gli Stati Uniti oggi hanno una scarsità di lavoratori, che non possono unirsi in sindacati perché devono lavorare. Quel che abbiamo qui – conclude Daniel Henninger – è un socialismo artigianale che cavalca senza ritegno l’evidente successo del capitalismo. In New Hampshire, Kamala Harris ha detto: ‘Non sono una socialista democratica’. Dovrebbe farsi un test del Dna politico. Scometto che invece lo è, o lo sarà presto”.
Il Foglio internazionale