Per alcuni russi, lo zar Putin è molto più debole di quello che sembra
Secondo il New York Times una pletora di forze politiche e burocratiche rafforza e allo stesso tempo risucchia il potere del presidente. Falso il mito dell’uomo forte?
"Dennis O. Christensen, un Testimone di Geova danese, detenuto in Russia per 19 mesi a causa della sua fede, ha ricevuto un regalo inaspettato dal presidente russo Vladimir Putin alla fine dell’anno scorso”, scrive Andrew Higgins, il corrispondente da Mosca del New York Times: “Lo scorso dicembre il presidente ha detto che ‘processare le persone per le loro credenze religiose è una sciocchezza’ e deve finire. Anziché placare la campagna contro i Testimoni di Geova in Russia, le parole del presidente hanno aumentato gli arresti: Christensen è stato condannato a sei anni di carcere e un rapporto pubblicato il mese scorso ha raccontato le torture subìte in Siberia dagli appartenenti a questa fede. La discrepanza tra ciò che Putin dice e ciò che accade in Russia solleva una domanda fondamentale sul suo regime dopo più di 18 anni al vertice di un sistema autoritario: Putin è il leader onnipotente che i suoi critici e i suoi sostenitori raccontano? Oppure si trova in cima a uno stato decrepito, un sistema gestito più dai capricci e dai calcoli venali della burocrazia e dei gruppi di interesse che dai diktat del Cremlino? L’impressione, diffusa tra i critici di Donald Trump che sia stata la Russia ad averlo fatto arrivare alla Casa Bianca attraverso la collusione con la sua campagna elettorale è basata su una visione distorta del potere e le capacità di Putin. Il rapporto Mueller, se mai verrà pubblicato, potrà aiutare gli americani a capire meglio come funziona, o come non funziona, la Russia. Ma per alcuni russi, il potere di Putin appare meno forte di quello che molti immaginano. Una pletora di forze politiche e burocratiche rafforza e allo stesso tempo risucchia il potere del presidente: i servizi di sicurezza, la chiesa ortodossa russa, gli oligarchi, i politici locali, ognuno con i propri interessi confliggenti. Putin cerca di gestirli il più possibile, ma non controlla tutto ciò che fanno. ‘Il sistema russo non funziona’, ha detto Andrew Wood, un ex ambasciatore a Mosca e oggi analista a Chatham House, un think tank a Londra. ‘Nessuno può essere in controllo di tutto’. Per molti occidentali, abituati a vedere il presidente davanti alle telecamere che proietta un’aura di onnipotenza, queste parole sembrano incredibili. E’ vero che nelle questioni più importanti, come la costruzione del ponte con la Crimea, o la gara per ospitare le Olimpiadi e i Mondiali di calcio, il sistema ha seguito gli ordini di Putin. Lo stesso è avvenuto quando il presidente ha represso gli oligarchi che non lo obbedivano e gli oppositori politici, per aumentare il suo potere.
Quando Putin è andato al governo alla fine del 1999, ha placato il caos e le lotte rumorose che, sotto il suo predecessore Boris Eltsin, avevano reso più debole lo Stato russo. Tuttavia, molti progetti che Putin ha sostenuto, come il ponte sul Fiume Amur tra la Russia e la Cina, oppure un’autostrada tra Mosca e San Pietroburgo, si sono bloccati. La costruzione di un nuovo centro spaziale nell’est della Russia, descritto da Putin come ‘uno dei progetti più grandi e più ambiziosi per il nostro paese’ sta impiegando più del previsto. La corruzione, gli scioperi degli operai non pagati e altre complicazioni hanno rallentato i lavori. Il procuratore generale di Mosca ha detto che oltre 150 milioni di dollari sono stati rubati dal progetto, che è stato macchiato da 17 mila reati commessi da oltre mille persone.
La netta discrepanza tra le parole di Putin e le azioni del sistema si è verificata di nuovo lo scorso mese quando la polizia di Mosca ha arrestato per frode Michael Calvey, il fondatore americano di uno dei più antichi fondi di investimento che si occupano della Russia, che aveva avuto una disputa con un suo rivale per acquisire una banca russa. L’arresto di Calvey, che adesso rischia fino a dieci anni di carcere, è in contraddizione con gli sforzi di Putin per attrarre investimenti stranieri in Russia. Alcuni ricordano che durante le purghe di Stalin negli anni 30 molti dei suoi collaboratori più intimi negavano che il dittatore fosse al corrente di ciò che succedeva – lo era, perché era lui a firmare le liste delle persone da uccidere – attribuendo la colpa a ciò che avveniva dietro le quinte. Ma la Russia oggi, spiega Schulmann, non assomiglia tanto al rigido regime staliniano quanto all’autocrazia dilapidata di inizio Novecento. Il governante all’epoca era lo zar Nicola, che presidiava una burocrazia civile e militare corrotta, che ha condotto il paese a una guerra disastrosa con la Crimea e ha guidato l’economia verso una stagnazione mortale. Lo zar era al corrente dei vincoli al suo potere: ‘Non sono io che governo la Russia’, si lamentava: ‘Sono i 30 mila amministratori’. L’unica differenza, ha detto Schulmann, ‘è che oggi gli amministratori e i burocrati sono più di un milione e mezzo’.
‘Il culto di Putin al vertice di una piramide del potere è un mito che non esiste’, ha detto Mark Galeotti, un esperto di Russia di origini britanniche che ha scritto un nuovo libro: ‘Dobbiamo parlare di Putin: l’occidente non lo comprende bene’. Invece, sostiene Galeotti, ‘Putin è una nube grigia che consente a ognuno di noi di creare l’immagine che vogliamo’, che sia onnipotente e machiavellica oppure debole e sottomessa. Questa organizzazione caotica ha fornito un grande vantaggio al Servizio di sicurezza federale, l’Fsb da cui proviene lo stesso Putin. Il presidente russo ha lasciato grande libertà all’Fsb, anche nei casi in cui le loro azioni andavano contro i suoi obiettivi. Putin spesso ha parlato dell’importanza di avere delle piccole e medie imprese ma ha lasciato che l’Fsb, che opera secondo uno stile di protezione mafioso, rovinasse molte di queste imprese. Christensen ha dato la colpa all’Fsb, su mandato della Chiesa ortodossa russa, per i suoi problemi legali. Putin crede che sia una ‘sciocchezza totale’ che quelli come Christensen stiano in prigione. Ma, per ora, è lì che si trova. È stato raggiunto di recente da un secondo credente l, Sergey Skrynnikov, per il quale i giudici chiedono tre anni di carcere per ‘estremismo’. ‘Una vera dittatura funziona in modo diverso’, conclude Galeotti”.
Il Foglio internazionale