un foglio internazionale
La morte del cristianesimo negli Stati Uniti è altamente esagerata
Ross Douthat sul New York Times sostiene che la vera eccezione è la secolarizzazione europea. In America il cristianesimo mostra segni di resilienza
“Cinquanta anni fa molti osservatori religiosi americani assumevano che la secolarizzazione avrebbe spazzato via il cristianesimo tradizionale”, scrive Ross Douthat sul New York Times: “Venti anni fa il cristianesimo ha mostrato una resistenza sorprendente, e quindi il modo di pensare è cambiato: forse esiste un’eccezione americana alle tendenze antireligiose o forse il secolarismo dell’Europa è la vera eccezione alla regola. Oggi è girata la ruota, e il nuovo consenso è che la secolarizzazione in America è stata solamente ritardata e quindi la destinazione finale è la deriva antireligiosa che vediamo in Europa da molti anni. Questa linea di pensiero viene condivisa da conservatori religiosi, anticlericali ferventi e giornalisti miscredenti che però sospettano di sentire la mancanza della religione organizzata quando non ci sarà più. Le tendenze che hanno dato vita a questo punto di vista sono reali, ma il cambiamento repentino nella sostanza del pensiero dominante dovrebbe consigliare maggiore cautela. Bisogna specificare innanzitutto che il declino delle istituzioni cristiane e l’indebolimento della religione può dare vita a spiritualità post cristiane – panteiste, agnostiche, pagane – anziché degenerare in una cultura atea e senza Dio. Ma il possibile avvento di una cultura post cristiana non è l’unica ragione per dubitare della narrazione laicista. Ecco tre ragioni specifiche al cristianesimo americano che andrebbero considerate a fianco dei dati catastrofisti sulla fine della religione.
Il declino dei cristiani tiepidi è molto più marcato rispetto al calo dei religiosi ferventi. I dati del sondaggio Pew mostrano un netto declino nei tassi di partecipazione alla messa domenicale, oltre a un crescente allontanamento da parte di coloro che un tempo sarebbero stati legati alle denominazioni. I numeri di un altro sondaggio Gallup indicano che i tassi di partecipazione alla messa sono calati di recente, passando dal 42 per cento del 2008 al 38 per cento del 2017. Lo stesso sondaggio mostra che il calo recente è stato molto più tenue rispetto al netto declino degli anni Sessanta - e i dati di oggi non sono molto diversi da quelli degli anni Trenta e Quaranta, prima del boom religioso del dopoguerra. Anche i sociologi Landon Schnabel e Sean Bock hanno sostenuto in uno studio del 2017 che il declino delle istituzioni religiose è stato causato dall’allontanamento dei cristiani tiepidi. Il numero di cristiani ferventi invece è rimasto stabile negli ultimi trent’anni. Questa tendenza non è molto rassicurante per la Chiesa, la cui influenza culturale dipende dall’abilità di coinvolgere il maggior numero di persone e di suscitare simpatia e interesse anche da coloro che non vanno a messa ogni giorno.
Invece il combinato disposto tra uno zoccolo duro di credenti che resta costante e una minore influenza sociale potrebbe rendere la posizione dei cristiani sempre più problematica. Ma per ora la resistenza del cristianesimo gli consente di esercitare un importante ruolo politico all’interno della coalizione conservatrice, e di agire da argine alla secolarizzazione completa della coalizione liberal.
Inoltre, la perdita di influenza del cristianesimo potrebbe essere un fenomeno causato dalla generazione dei baby boomer e non dai millennial. Stando ai dati, i giovani sono meno credenti rispetto agli adulti. Ma il fervore religioso cambia nel corso della vita, tende a calare quando lasci casa e ad aumentare nel momento in cui nascono i figli o invecchi. E l’analisi del politologo Ryan Burge ha rilevato che la partecipazione religiosa dei ventenni di oggi è maggiore rispetto ai ventenni degli anni Novanta. Il calo più marcato era stato tra gli adulti e gli anziani. Quindi le attuali tendenze sarebbero state causate dalla generazione dei sessantenni e settantenni piuttosto che dai millennial. Adesso il terzo fattore. Ci sono buoni motivi per credere che la crisi a cui si trovano di fronte le istituzioni cristiane sia più una crisi cattolica che protestante. Solitamente la storia religiosa dell’America non viene raccontata in questi termini dato che, guardando solamente al numero di adesioni, il più grande calo dopo gli anni Sessanta coinvolge i protestanti, con i cristiani evangelici e i cattolici piuttosto stabili. Ma tuttavia i numeri della coalizione protestante sono rimasti costanti, dato che l’aumento degli evangelici ha compensato le perdite degli altri gruppi protestanti. Invece il cattolicesimo ha subito un declino molto maggiore, ed è stato salvato dall’immigrazione ispanica. Il calo nei tassi di partecipazione alla messa dopo il Secondo concilio vaticano è stato superiore a ogni altro fenomeno sul versante dei protestanti. Dopo un lungo periodo di stabilità causato dall’immigrazione, il numero dei fedeli cattolici è in caduta mentre quello dei protestanti è in leggero aumento. Se dovessimo fare delle previsioni basate sulla situazione attuale del cristianesimo americano, potremmo dire che il futuro della scristianizzazione, il suo progresso o l’inversione, verrà definito in base al tipo di cattolico che emergerà dalle attuale controversie nella Chiesa: dall’agonia per lo scandalo degli abusi sessuali, dalla rinascita di un programma liberal con Papa Francesco, dalla battaglia dei cattolici conservatori, dalla polarizzazione teologica e generazionale nella Chiesa. Gli osservatori cattolici alle prese con la deriva post cristiana del liberalismo occidentale amano citare la profezia di Alexis de Tocqueville secondo cui ‘i nostri discendenti tenderanno a dividersi in due campi, alcuni abbandoneranno il cristianesimo e altri entreranno nella Chiesa romana’. Questa previsione non descrive l’America del 2019, dove il protestantesimo evangelico appare un’alternativa più forte rispetto alla Chiesa di Joe Biden, Papa Francesco e me stesso. Ma se volessimo aggiungere una piccola modifica la frase di Tocqueville avrebbe più senso. Quel che succederà a Roma determinerà la misura in cui i nostri discendenti si divideranno, e il numero di americani che lasceranno il cristianesimo”.
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