L'altra crisi in corso in Cina: la denatalità. Un disastro con la nostra complicità
Scelte crudeli del regime, dalla politica del figlio unico alle sterilizzazioni forzate, hanno aggravato i problemi demografici
Un Foglio Internazionale è l'inserto a cura di Giulio Meotti. Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere
“Negli ultimi giorni il New York Times e il Wall Street Journal hanno raccontato uno dei più importanti fatti geopolitici del ventunesimo secolo”, scrive Ross Douthat sul New York Times: “La Repubblica Popolare della Cina, che è la più grande potenza mondiale in ascesa, si sta avviando verso una crisi demografica. Come gli Stati Uniti e tanti altri paesi sviluppati, anche la Cina ha un tasso di fertilità allarmante. Ma a differenza loro sta diventando vecchia prima di essere diventata ricca. Certamente la Cina è diventata più ricca. Il mio collega David Leonhardt, che ha trascorso del tempo in Cina all’inizio e alla fine degli anni 2010, ha appena scritto un articolo in cui spiega la ‘maturazione’ dell’economia cinese nel corso del decennio: la crescita delle start-up, della spesa per i consumi e della classe media. Ma anche dopo anni di crescita, il pil pro capite della Cina è circa un terzo o un quarto di quello dei paesi vicini come la Corea del Sud e il Giappone. E il tasso di natalità si è rapidamente adeguato ai livelli dell’occidente – questo ha due implicazioni, entrambe negative. Innanzitutto, la Cina dovrà finanziare la spesa sociale di una popolazione anziana senza avere a disposizione le risorse delle società più ricche. Secondo, la denatalità peggiorerà le prospettive di crescita della Cina perché la crisi demografica crea un ciclo vizioso – una società meno giovane perde in crescita e dinamismo e questo a sua volta diminuisce gli incentivi economici per gli aspiranti genitori riducendo ulteriormente i tassi di natalità e la crescita. Gli articoli del Times sulla crisi demografica cinese ci ricordano che questa trappola è anche culturale. Una giovane donna cinese spiega in un’intervista che la politica del figlio unico del governo ha plasmato la sua generazione: ‘Siamo tutti figli unici e, a essere onesti, questo ci ha reso un po’ egoisti…”.
Essere genitori è già una delle cose più difficili per ogni essere umano ma in Cina questo viene reso ancora più complicato da una società in cui i bambini sono invisibili, i fratelli assenti e le famiglie numerose rare. Un paese in cui mancano esempi e forme di solidarietà per chi si prepara alla paternità. La crisi demografica della Cina rientra nella decadenza del mondo occidentale, un problema che ha contagiato anche i paesi in via di sviluppo. Lyman Stone scrive sulla National Review che il genere umano sta affrontando una ‘crisi globale della fertilità’, e non è un problema isolato dell’Europa, dell’America o della Cina. Questa crisi comporta nella migliore delle ipotesi un rallentamento economico e nella peggiore rischia di creare quello che l’economista di Stanford Charles Jones ha chiamato ‘un pianeta vuoto’: le conoscenze e il tenore di vita calano per una popolazione sull’orlo dell’estinzione. (Una breve risposta a un’obiezione prevedibile: certo, in un’epoca di stagnazione economica i livelli di carbone non cresceranno molto velocemente, negando alcuni effetti del cambiamento climatico – ma allo stesso tempo una società stagnante farà difficoltà a innovarsi al punto da risolvere la crisi climatica in modo permanente. Un pianeta vuoto non avrà problemi con il cambiamento climatico ma se questo è il vostro obiettivo allora siete dotati di una misantropia allarmante). All’interno di questa storia globale il caso cinese è molto particolare perché alcune scelte crudeli del governo – la politica del figlio unico, le sterilizzazioni forzate – hanno aggravato i problemi demografici. E la repressione del regime è un ulteriore fattore aggravante che sopprime i tassi di natalità. Come ha notato Stone su Twitter, la persecuzione delle minoranze e delle comunità religiose coinvolge i gruppi sociali più fecondi. Se il tasso di natalità del gruppo Han (la comunità maggioritaria in Cina, ndr) è calato allora bisogna livellare il tasso di fertilità delle altre minoranze.
Ma il senso di colpa dei comunisti convive con il senso di colpa degli occidentali, dato che la politica del figlio unico nasce da un progetto concepito dagli scienziati occidentali, finanziato dalle istituzioni occidentali e incoraggiato dagli intellettuali occidentali – un programma classista, sessista, razzista e anti religioso nato con l’obiettivo di detonare una ‘bomba demografica’ che – oggi lo sappiamo per certo – si sarebbe detonata da sola senza i programmi di sterilizzazioni forzate in India e i cartelli appesi nei villaggi cinesi che leggevano: ‘Puoi abortire! Ma non puoi farlo nascere!’. Questa ultima frase è presa da “The Unnatural Selection” di Mara Hvistendahl, uno dei due testi che consiglio sull’argomento. L’altro libro da leggere è ‘Fatal Misconception’ di Matthew Connelly. Entrambi i romanzi sono ambientati nel futuro: la bomba demografica è stata denotata e mentre il maltusianismo dell’occidente resiste in parte a causa dell’ambientalismo e delle ansie sull’immigrazione africana in Europa, la battaglia per controllare la crescita demografica viene ricordata come un’ipotesi sbagliata, un errore motivato da buone intenzioni. Ma le notizie dalla Cina ci spingono a utilizzare un giudizio meno accomodante.
Mentre contempliamo il problema demografico per il futuro, dobbiamo guardare con un certo disprezzo a coloro che nell’arroganza del loro presunto umanitarismo usano dei metodi coercitivi e fallaci per rendere il più grande problema del ventunesimo secolo ancora più grave”.
(Traduzione di Gregorio Sorgi)
Il Foglio internazionale