La Rete non è più sovversiva
Le strade tornano a riempirsi di proteste, i governi assoldano troll. Verso i nuovi “ruggenti anni 20”
“Questi giorni si vede dappertutto il volto di Joker con il ghigno rosso”, scrive Vijai Maheshwari su Politico: “I manifestanti stanno protestando in tutto il mondo, e l’antieroe è diventato il simbolo dell’uomo qualunque che si batte contro un’élite cinica e corrotta. Non è una coincidenza che le proteste offline sono tornate in voga. I populisti sono sempre più bravi a rappresentare la propria versione della realtà, e agli oppositori frustrati non resta che spegnere i dispositivi e uscire di casa per manifestare il malcontento. Malgrado tutto siamo sempre degli animali sociali – è facile trascurare una polemica su Twitter, è più difficile ignorare dei manifestanti che bloccano un aeroporto, che scioperano per sabotare i servizi essenziali o per compromettere la vita commerciale di una metropoli affollata. I governi possono sempre organizzare delle contro manifestazioni, ma gli umani sono più difficili da manipolare rispetto a un esercito di troll anonimi. C’era un tempo in cui si credeva che un articolo di giornale o un hashtag su Twitter fossero sufficienti per fare cadere un governo – o quantomeno provocare un rimpasto o una rettifica. Ma i politici si sono adeguati allo Zeitgeist digitale e riescono a sfruttare la rivoluzione digitale a loro favore”.
I governi in tutto il mondo stanno assoldando dei troll per fronteggiare le critiche dei detrattori digitali, etichettando le loro accuse come “fake news” e chiedendo ai sostenitori di diffondere la loro versione dei fatti. Pare che il governo cinese abbia creato decine di migliaia di profili Twitter per attaccare i manifestanti di Hong Kong e che il Cremlino controlla le fabbriche di troll che diffondono informazioni false contro i nemici di Vladimir Putin. I governi autocratici dall’Iran alla Russia hanno imposto la censura anche su Internet per avere un controllo capillare su tutto ciò che viene pubblicato. Tuttavia, i troll e la propaganda non possono fare nulla quando i cittadini frustrati si riuniscono in piazza per protestare contro il governo… Secondo Maheshwari le manifestazioni sono diventate delle estensioni della nostre vite digitali. I social media ci tengono incollati ai nostri schermi e allo stesso tempo ci spingono a uscire di casa e produrre dei contenuti per alimentare la macchina digitale.
Al giorno d’oggi le proteste di strada non hanno un leader e i seguaci si riuniscono attorno a un personaggio qualunque senza alcun potere. Anche se i governi autocratici arrestano i capofila di un movimento non riescono a fermare le proteste. “Aspettiamoci un aumento delle manifestazioni nel nuovo decennio”, conclude Politico: “Il mondo si riscalda a causa del cambiamento climatico e la rabbia verso il vecchio mondo raggiunge nuovi picchi. I prossimi dieci anni daranno un nuovo significato al termine ‘ruggenti anni Venti’”.
Il Foglio internazionale