L'America è divisa in tribù che si odiano a vicenda. Per salvarsi serve un miracolo
Due intellettuali di destra e sinistra concordano: le battaglie civili degli anni Sessanta hanno alimentato un conflitto razziale che fa male alla democrazia, scrive il New York Magazine
"Non consiglio di leggere gli ultimi libri di Ezra Klein e Christopher Caldwell uno dopo l’altro”, scrive Andrew Sullivan sul New York Magazine: “Why We’re Polarized ” e “The Age of Entitlement” “trasmettono entrambi un pessimismo disarmante. Klein fornisce una spiegazione politica del tribalismo delle nostre società che ritiene incompatibile con il funzionamento della liberal-democrazia. Caldwell offre una più ampia narrazione culturale e costituzionale degli ultimi cinquant’anni. I due autori sono rispettivamente tra i migliori prodotti della destra (Klein) e sinistra (Caldwell) ma i loro libri concordano su un punto centrale: il nostro destino è stato deciso tra il 1964 e il 1965. Gli anni che hanno seguito l’assassinio di Kennedy hanno portato all’approvazione del Civil Rights Act, che ha stravolto la Costituzione di un paese liberale per contrastare l’eredità dello schiavismo e del razzismo, e dell’Immigration and Nationality Act che ha prodotto una società molto più diversa e integrata di quanto molti credevano possibile. Essendo nato prima di questi cambiamenti epocali, li ho sempre considerati come qualcosa di naturale. In entrambi i casi c’è poco da criticare. La legge sulla schiavitù ha abolito un’ingiustizia morale; quella sul razzismo ha reso illegale la discriminazione. Gli oppositori di queste leggi erano per la maggior parte ex segregazionisti o razzisti. C’è stata poca resistenza alla norma sull’immigrazione perché molti credevano che non avrebbe prodotto alcun cambiamento. In ogni caso l’opposizione è stata sconfitta dalla vittoria di Lyndon Johnson nel 1964.
Klein sostiene che quello fu un momento decisivo. Il movimento per i diritti civile ha spaccato il vecchio Partito democratico, che per decenni aveva unito gli interessi dei bianchi e dei neri del sud in un un’unica coalizione multirazziale. Il risultato è stato una divisione netta tra i due partiti, ognuno dei quali si è trovato a rappresentare un diverso gruppo razziale. Il Gop è diventato sempre più bianco; mentre i Democratici negli anni si sono trasformati nel partito di riferimento delle minoranze marginalizzate. I bianchi e i neri del sud hanno smesso di essere rappresentati nello stesso partito, dove erano abituati a interagire e siglare compromessi. Nel complesso questa è stata una cosa buona – perché i neri perdevano sempre i dibattiti interni e attraverso i diritti civili hanno avuto l’opportunità di vincere una discussione chiara, aperta e trasparente. Ma questi cambiamenti hanno rappresentato un problema perché gli essere umani sono tribali e tendono a distinguere tra chi fa parte di un gruppo e chi no. E quindi più il Gop è diventato bianco più i democratici sono diventati il partito delle minoranze. Allo stesso tempo l’economia ha danneggiato gli stessi bianchi che erano stati alienati dalla svolta culturale verso la parità razziale. Klein sostiene che questa polarizzazione razziale è oggettivamente un problema per la liberal-democrazia.
Se gli essere umani non riescono a fare a meno dei propri istinti tribali, allora sarà difficile costruire una vera democrazia multiculturale. Le emozioni primordiali danno vita a un conflitto latente che può risultare in una guerra civile fredda. E non c’è legge o programma educativo che possa risolvere questo problema. Klein cita uno studio interessante secondo cui ‘educare gli studenti universitari bianchi a riflettere sul privilegio bianco finisce per aumentare il loro odio razziale nei sondaggi successivi’. L’indottrinamento anti razzista finisce per alimentare il razzismo. Quindi il tribalismo diventa sempre più profondo.
Klein comprende questo fenomeno meglio di molti altri intellettuali di sinistra. Gli Stati Uniti oggi sono un paese a maggioranza bianca ma tra pochi anni non sarà più così e quindi ogni gruppo finisce per sentirsi una minoranza oppressa. Soprattutto i bianchi: ‘La perdita di privilegi viene percepita come un’oppressione. Questo sentimento reale va preso perché sul serio perché se trascurato potrebbe essere sfruttato da reazionari e populisti’. Ed è stato trascurato fin troppo. Ogni qualvolta un bianco si è opposto ai diritti civili e ha distinto tra immigrazione legale e illegale, è stato etichettato come un razzista. Anche il Gop ha preso le distanze da loro. Hillary Clinton gli ha dato un nome: i deplorabili. Nel 2016 molti hanno accettato l’etichetta e votato per Trump.
Il movimento per i diritti civili non si è più limitato ad abolire la discriminazione razziale da parte dello stato. Si è trasformato in un regime per determinare la discriminazione degli individui nella vita sociale ed economica, poi è diventato l’azione positiva ed è culminato nell’idea universale di giustizia sociale, che mira a sostituire il concetto americano di diritti individuali con i diritti razziali del gruppo. Caldwell vede gli ultimi cinquant’anni come una battaglia tra due costituzioni rivali: una dedicata alla libertà, l’altra dedicata all’uguaglianza degli esiti, ovvero l’equità… Sono molto più ottimista del mio amico Caldwell. Vedo nella reazione al movimento per la giustizia sociale un segno di rispetto per l’individuo, per la libertà creativa e per la vecchia idea di tolleranza anziché conformismo. Vedo nel successo economico e sociale delle donne un possibile cessate il fuoco nella guerra tra sessi. Molti omosessuali sono contenti di vivere la propria vita e non hanno voglia di combattere un’eterna guerra culturale. Penso che l’unica soluzione sia la riscoperta del cristianesimo, secondo cui tutti gli umani si rispecchiano nei valori di Gesù Cristo. Sì, spero in un miracolo. Ma a questo punto, cosa ci resta?”.
La traduzione è di Gregorio Sorgi
Il Foglio internazionale