America sempre più polarizzata
L’identità è più importante dell’ideologia, scrive il Financial Times
Ogni lunedì, nel Foglio c'è Un Foglio internazionale, le segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere, a cura di Giulio Meotti
Ogni evento importante della politica americana è polarizzante”, scrive Simon Kuper sul Financial Times: “Il Senato si è diviso lungo le linee di partito sull’impeachment a Donald Trump, e l’auto-proclamato ‘socialista’ Bernie Sanders è diventato l’avversario più probabile di Trump a novembre. E’ un buon momento per pubblicare il libro ‘Perché siamo polarizzati’. ‘Il Senato ha svolto una dimostrazione pratica della mia tesi’, scherza l’autore Ezra Klein.
Come viene alimentata la polarizzazione? E dove termina? Un tempo la politica americana non era così. Fino agli anni Sessanta, i due maggiori partiti univano diversi gruppi: i democratici mettevano insieme i liberal del nord e i segregazionisti del sud, mentre i repubblicani non erano particolarmente conservatori. Secondo Klein, la polarizzazione è iniziata nel 1964 quando il Congresso ha approvato il Civil rights act. La legge è stata votata da più repubblicani che democratici ma i secondi, che controllavano la presidenza e il Congresso, si sono intestati la riforma. ‘Penso che abbiamo appena consegnato il sud al Partito repubblicano per molti anni’, ha riflettuto il presidente Lyndon B. Johnson dopo aver firmato la legge. Negli anni successivi, i partiti si sono collocati sulla base dell’etnia e delle religione. I bianchi del sud e i cristiani evangelici sono diventati la base repubblicana, mentre i democratici hanno unito i liberal bianchi (e sempre più atei) e le minoranze.
Secondo Klein questa battaglia ha più a che fare con l’identità che con la religione – l’importante è chi sei, non quello in cui credi. Questo è il motivo per cui i repubblicani sono riusciti a mantenere il sostegno dei propri elettori pur cambiando posizione sul commercio, la Russia, l’intervento statale e la sanità.
Ad alcuni elettori non piace il proprio partito, ma detestano gli avversari. Per i repubblicani c’è un altro fattore che alimenta la radicalizzazione: sono una tribù bianca che teme l’estinzione demografica. L’età più diffusa tra gli americani bianchi è 58 anni; tra gli ispanici 11. Molte regioni repubblicane si stanno spopolando. ‘Trump ha capito che i conservatori sono un gruppo identitario che si sente minacciato’, scrive Klein: ‘Se gli prometti protezione e vittorie, sono disposti a seguirti anche all’inferno’”.
Kuper ragiona sulla possibilità di una sfida per la Casa Bianca tra Sanders e Trump. “Dato che l’identità è più importante dell’ideologia, il vecchio socialista potrebbe attrarre alcuni ex repubblicani. ‘Bernie Sanders non rappresenta il cambiamento demografico’, spiega Klein: ‘Anche lui è vecchio e bianco, ed è nato nel dopoguerra’. E’ probabile che i democratici prendano più voti senza riuscire a eleggere il presidente, come già successo nel 2016. Ma se il Senato restasse nelle mani dei repubblicani, a causa del peso enorme che viene attribuito agli stati piccoli, i democratici non potrebbero più scegliere i giudici della Corte suprema: la bocciatura del candidato democratico Merrick Garland nel 2016 diventerebbe la norma. ‘Per quanto tempo il sistema politico americano potrà sopravvivere in queste condizioni?’, si domanda Klein”.
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