A che cosa servono i conservatori?
Secondo l’Economist l’ex ideologo della May ha un piano per rilanciare i Tory
“Il conservatorismo britannico si trova in uno stato curioso: politicamente trionfale ma intellettualmente pigro”, scrive l’Economist: “Cento giorni dopo le elezioni, il Partito conservatore è ancora davanti al Labour nei sondaggi. Ma non ha offerto alcuna indicazione di ciò in cui crede. Una guerra perpetua contro d’élite liberale? Liberalizzare l’economia e favorire le imprese? Questa confusione è comprensibile. La Brexit ha fatto esplodere la sintesi di David Cameron tra libero mercato e valori progressisti. Il populismo ha riempito un vuoto ideologico. Purtroppo, questo sentimento è un misto di emozioni e non una filosofia coerente; viene alimentato dalla rabbia verso le élite liberali, da una celebrazione della working class del nord e dalla nostalgia. Ma il partito non ha ancora affrontato il suo dilemma più profondo: è possibile avere fede nel libero mercato e allo stesso tempo aiutare i suoi nuovi elettori al nord? L’ex ideologo di Theresa May, Nick Timothy, ha scritto un nuovo libro, ‘Remaking One Nation: Conservatism in an Age of Crisis’, che offre una teoria del significato del conservatorismo e tenta di tradurre dei princìpi filosofici in politiche dettagliate.
Timothy spiega che, a partire dalla rivoluzione francese, il ruolo del conservatorismo è stato quello di mitigare i lati più estremi del liberalismo. Oggi questi estremismi hanno preso due forme: il neoliberismo, che vede il mercato come la soluzione a ogni problema, e il liberalismo politicamente corretto, che pone un’enfasi eccessiva sui diritti delle minoranze e l’oppressione pervasiva. Molti vedono queste due forme di liberalismo come degli opposti, ma secondo Timothy sono entrambe una degenerazione del liberalismo classico. La prima forma sminuisce i mercati perché non riconosce che hanno bisogno di una legittimazione popolare mentre la seconda sacrifica il meglio del liberalismo (pluralismo, scetticismo, individualismo) sull’altare dei diritti di gruppo.
Timothy descrive lo stato attuale in chiave negativa. I dirigenti di azienda hanno quadruplicato i loro profitti mentre il valore delle loro compagnie è rimasto pressoché costante. Il più grande gruppo demografico – la working class bianca – non ha visto migliorare le proprie condizioni di vita. La Gran Bretagna ha il livello di diseguaglianze più alte in Europa. I liberal sono sempre più inclini a togliere il diritto di parola ai loro avversari perché vedono i loro obiettivi come qualcosa di sacro e i loro oppositori come dei nemici che devono essere distrutti”.
Le soluzioni offerte da Timothy possono essere descritte in due parole: lo stato nazione e il capitalismo civico. L’ex stratega è convinto che lo stato nazione sia in grado di controllare le élite globali e allo stesso tempo offrire ai cittadini un senso di identità condivisa. Per quanto controverse, le tesi di Timothy – conclude l’Economist – hanno il merito dare una scarica di energia al dibattito moribondo tra i conservatori.
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