I nostri enfants terribles e il loro sogno che è il nostro incubo americano
Soltanto i giovani occidentali passano il tempo a denunciare la propria cultura. Siamo andati troppo oltre con l’autocritica, scrive Causeur (13/3)
Puri prodotti dell’occidente che rigettano, le generazioni future e i loro zelanti difensori istruiscono incessantemente il nostro processo. Dall’apocalissi climatica al razzismo, ci ritengono colpevoli di tutti i mali. Il loro mondo dei sogni, pieno idee progressiste diventate folli, unisce puritanesimo e trasparenza, linciaggio e tirannia delle minoranze. Benvenuti nel terrore solidale. L’articolo della direttrice di Causeur, Elisabeth Lévy.
Gli adulti hanno una cattiva reputazione. Non passa una settimana senza che siano convocati davanti al tribunale dell’opinione pubblica per rispondere dei loro crimini. L’accusa è sempre mossa in nome delle generazioni future, quando non è direttamente garantita da adolescenti recriminatori, come la fastidiosa Greta Thunberg, i cui codini non addolciscono lo sguardo eternamente corrucciato, o persino da bambini educati a spiare i loro genitori per assicurarsi che non facciano “male al pianeta” (…). Bisogna qui dissipare un malinteso ed eliminare il sospetto, nei miei confronti, di fare di tutta l’erba un fascio. Il termine “generazioni future” non designa naturalmente l’insieme degli individui nati dopo gli anni Novanta, poiché tra queste c’è una buona parte di persone molto amabili e civili, ma i loro portavoce e, per associazione, l’ideologia che incarnano e l’identità che difendono. Non è una questione d’età, ma di mentalità. Esiste effettivamente una lobby del futuro, una nebulosa della tabula rasa che include soltanto parzialmente la popolazione disparata che viene chiamata gioventù. Si impegna a criminalizzare il passato e reclama di conseguenza il diritto illimitato di denunciare e di condannare. “Non avete fatto i vostri doveri”, ci rimprovera la piccola svedese. La principale occupazione di questo “partito del domani” non è, come si potrebbe credere, quella di istruirsi per prepararsi a governare il mondo, ma di istruire incessantemente il nostro processo. Dal patriarcato al riscaldamento globale, dal razzismo alle attribuzioni di genere, dalla guerra al giudeo-cristianesimo, dal segreto alla menzogna, abbiamo inventato tutto ciò che impedisce alle generazioni future di camminare come un unico Homo festivus verso il loro radioso avvenire. Siamo dunque colpevoli. Noi gli adulti, noi gli occidentali, noi i maschi bianchi – sì, un giorno sfileremo gridando “Siamo tutti dei vecchi maschi bianchi”. In attesa di questo momento, poiché queste generazioni future passano il loro tempo a denigrarci con i loro rimproveri e le ho sotto mano, ho due cose da dirgli. Care generazioni future, lasciate che ve lo dica: cominciate a darci fastidio. Rendetevi conto che nonostante la propaganda sulla gioventù Facebook globalizzata e mobilitata per il pianeta, siete, nella vostra essenza, dei prodotti di questo occidente che rigettate. Non si vedono giovani asiatici e ancor meno giovani musulmani denunciare in massa la cultura dei loro antenati, né sottomettere la loro storia a un’analisi permanente (…). Non vi chiediamo certamente di rinunciare a quella che forse è l’invenzione intellettuale più decisiva dell’Europa: la capacità di farsi domande su se stessi, di sottomettersi a un giudizio critico, di affrontare i propri demoni. Ciò che voi esigete da noi, è un’altra cosa, è un pentimento nevrotico, un rinnegamento integrale di ciò che siamo stati. Da qui il vostro odio verso l’universalismo dei Moderni, al quale opponete un super-universalismo che esalta le identità minoritarie e aspira a riunirle in un’alleanza di tutti i dominati del mondo, cercando allo stesso tempo di ridicolizzare, penalizzare e cancellare le vecchie identità, nonostante avessero delle virtù, tra cui quella di resistere al tempo (…). Nulla, nell’edificio barocco che si chiama modernità occidentale, sfugge alla vostra furia sradicatrice. La lingua è sessista, la grande cultura è razzista, l’intimità è fascista, la nazione è nazionalista, la laicità è offensiva e la differenza tra i sessi è transfobica (…). Popolate il mondo di idee progressiste che avete reso folli. Per questo potremmo qualificarvi come “post-progressisti”. Numerose invenzioni diaboliche che, quindici anni fa, sembravano esistere soltanto attraverso il genio creatore e l’esagerazione letteraria di Muray, sono ormai il nostro quotidiano: il femminismo poliziesco, la gabbia delle fobie, la procreazione senza sesso, gli umani che non sono né uomini né donne, la spiaggia a Parigi. Il linciaggio come modo normale di regolazione sociale, la tirannia delle minoranze suscettibili, siete sempre voi (…).
Non diciamoci bugie, il vostro sogno è il nostro incubo, il nostro incubo americano. Infatti, la maggior parte degli arieti con i quali abbattete uno dopo l’altro i muri portanti della cultura occidentale in generale e repubblicana in particolare, siete andati a cercarli nei campus nord-americani, per acclimatarli sotto i nostri cieli (…). L’antirazzismo universalista peccava, secondo voi, di astrazione. Ma voi, i nuovi antirazzisti, vedete soltanto la razza – negando allo stesso tempo la sua esistenza, fatto che vi obbliga a delle contorsioni di cui non siete coscienti – e, scorrendo, l’origine, la religione (…). E’ sempre sotto il vostro spaventoso magistero che il pensiero anticoloniale, prodotto dalla modernità, si è trasformato per generare l’indigenismo (o decolonialismo), secondo cui la dominazione coloniale, sempre presente negli spiriti, deve essere combattuta senza tregua (…). Care generazioni future, voi vituperate il mondo che lasceremo ai nostri figli, come ha riassunto l’amico Zemmour, ma noi dobbiamo preoccuparci dei figli che lasciamo a questo mondo.
La traduzione è di Mauro Zanon
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