(foto LaPresse)

“La nostra civiltà gioca da anni con la morte, l'ultimo dio nascosto”

Rémi Brague: “La chiesa non è lì solo per benedire i carri funebri. Dovrebbe mettere in guardia la gente dai pericoli che incombono”, scrive il National Catholic Register (19/5)

Rémi Brague ha tenuto il discorso inaugurale per il lancio dell’Istituto di cultura San Giovanni Paolo II, a Roma, il 18 maggio scorso. Qui ne parla con il National Catholic Register.


C’è una cultura particolare che emerge dal pontificato di Giovanni Paolo II? Qual è, secondo lei, l’essenza particolare dei suoi insegnamenti?

Lei ha fatto centro quando ha parlato di cultura. La cultura è il fulcro del pensiero di Giovanni Paolo II. Non ha promosso un nuovo tipo, o stile, di quello che lei chiama cultura. Le culture o potenziali culture pullulano nel nostro mondo attuale. E’ difficile lanciare un mattone senza colpirne una. Giovanni Paolo ha fatto qualcosa di più profondo e probabilmente più rilevante, più adatto in ogni caso, per affrontare le sfide che dobbiamo affrontare. Ha sottolineato il ruolo decisivo della cultura per l’umanità, e soprattutto per le persone che vogliono condurre una vita civile. Ho accennato, nel breve discorso di apertura dell’Istituto, al fatto che la Polonia, il paese natale di Giovanni Paolo, è sopravvissuta a due divisioni durante un secolo e mezzo, grazie alla sua cultura: la sua lingua, la sua fede e il suo folklore. A mio parere, però, il suo più grande merito è quello di aver messo l’accento sulla lotta tra due culture. E’ buffo che, delle due frasi che ha coniato, la prima, “cultura della vita”, dovrebbe essere una tautologia e la seconda, “cultura della morte”, un ossimoro. Ogni cultura favorisce la vita e la aiuta a prosperare. La frase opposta è contraddittoria perché la realtà che cattura è essa stessa autolesionista.

 

Secondo lei, potremmo dire che il suo pontificato ha cambiato il volto del cattolicesimo, come molti sostengono?

Sicuramente [Giovanni Paolo II] non vorrebbe entrare nei registri della storia come l’uomo che ha cambiato il volto della chiesa cattolica. Voleva semplicemente rendere questo volto più brillante, più convincente – non per venderlo meglio, ma perché era convinto che la fede in Cristo è un bene per l’umanità in generale. La pulizia che ha iniziato è ben lungi dall’essere completata; anche i suoi successori hanno passato la scopa. Dovremo aspettare l’ultimo giorno per separare accuratamente il grano dalla pula. Comunque sia, Giovanni Paolo ha avuto il coraggio di fare diversi passi importanti: un nuovo rapporto con le nostre radici nella fede di Israele; il coraggio di confessare i crimini del passato e di chiedere perdono; il coraggio di affrontare il comunismo, esponendo le menzogne che erano la sua unica base.

 

Le recenti polemiche sulle nuove politiche attuate dall’Istituto Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia suggeriscono che, per alcuni leader religiosi, gli insegnamenti del Papa polacco sulla famiglia e la sessualità siano datati.

Ho seguito questa storia da lontano, per essere più concreto, dall’altra parte dell’Oceano Atlantico. Tuttavia ho molti amici da questa parte che sono profondamente impegnati in ciò che l’istituto era originariamente destinato a fare, e che appartenevano anche ai suoi padri fondatori, in particolare a Stanislaw Grygiel e David Schindler. Essi temevano una sorta di “grande fregatura” da parte di persone per le quali gli insegnamenti di Giovanni Paolo erano ciò che voi americani chiamate “passé” (superato, fuori moda, ndr). Ciò che è vero è che i costumi attuali di molte persone, sostenuti dalle amministrazioni di molti paesi, si allontanano sempre più da un sano atteggiamento verso il corpo, dalla divisione sessuale, dal semplice fatto che dobbiamo generare figli se vogliamo che il nostro paese, per non dire la nostra specie, sopravviva. Difendere il rispetto per il corpo, il rispetto per le donne, il rispetto per la vita dal suo inizio fino alla sua morte naturale non è, o non dovrebbe essere, specifico della chiesa. Ciò che la chiesa rappresenta è il genere umano in generale. Alcune pratiche attuali conducono a lungo termine, per la logica interna del loro sviluppo, alla morte. Ora, la chiesa non è lì solo per benedire i carri funebri. Dovrebbe mettere in guardia la gente dai pericoli che incombono.

 

Allo stesso modo, un convegno internazionale ha riunito personalità conservatrici di spicco sul tema “La libertà delle nazioni è ancora auspicabile?” Cosa ne pensa?

“Liberalismo” è una parola scivolosa; in primo luogo, perché il suo colore cambia quando attraversa l’Atlantico – un “cambiamento rosso” si verifica quando viaggia verso ovest; in secondo luogo, perché, anche se la libertà politica e il libero mercato stanno insieme, non è sufficiente ottenere il secondo perché il primo sorga automaticamente. Per quanto riguarda la libertà, è anch’essa una parola d’ordine pericolosa. In generale, la confondiamo con il fatto di essere lasciati soli, al servizio delle nostre mode effimere, anche se pericolosamente stupide. Questo è il modo in cui i bambini di 6 o 7 anni concepiscono la libertà. Dare libero sfogo al consumismo significa generalizzare questa idea infantile. Il filosofo religioso russo Nikolai Berdyaev una volta ha parlato ironicamente del “diritto alla servitù” dell’uomo moderno. La vera libertà è il libero accesso al Bene. Ciò che ci minaccia non è la troppa libertà ma, al contrario, una perversione della libertà, che le dà scopi troppo inconsistenti.

 

Quali lezioni dobbiamo trarre dal suo “Non abbiate paura”?

Non sopporto l’“ottimismo”, l’idea ingenua che le cose si riveleranno positive, indipendentemente dal fatto che agiamo in modo intelligente o meno. La pandemia che stiamo vivendo attualmente dimostra, sempre su scala più ridotta rispetto, diciamo, all’influenza spagnola o alla peste nera, che quelle che chiamiamo “domande mortali” meritano davvero il nome e sono una cosa seria. La nostra civiltà gioca con la morte già da alcuni decenni. Le persone di alto rango decostruiscono mentre la gente media abortisce. E’ come se la morte fosse il nostro ultimo dio nascosto. Il fatto stesso che la mettiamo a tacere, che non la chiamiamo per nome, testimonia che è una specie di nonsense pagano. Con questa pandemia, la morte ci prende sulla parola: ci siamo! 

 

La traduzione è di Giulio Meotti

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