I liberali devono combattere
Gli estremisti vogliono conquistare il mondo post Covid, scrive il Financial Times (11/5)
"Il poeta Robert Frost ha definito il liberale come una persona troppo tollerante per scegliere da che parte stare in un dibattito”, scrive Gideon Rachman sul Financial Times: “Bene, per i liberali è arrivato il momento di mettere da parte la loro tolleranza e prepararsi a combattere. Il mondo post coronavirus sarà difficilmente un ambiente accogliente per il liberalismo. Alcuni dei suoi cavalli di battaglia – la protezione della privacy, i limiti ai poteri dello stato e la tutela dei diritti dell’individuo – rischiano di essere accantonati come dei lussi superflui mentre le nazioni tentano di riconquistare la loro salute fisica ed economica”. La pandemia ha legittimato la sospensione di alcuni diritti e libertà fondamentali che non verranno ripristinati a breve. Il disastro economico generato dal virus ha anche causato un’espansione enorme del ruolo dello stato che continuerà negli anni a venire. Il credo liberale aveva una brutta reputazione prima della crisi, e questo è il motivo per cui le restrizioni non avranno vita breve. Il liberalismo è reduce da un pessimo decennio, al punto che la sinistra radicale e la destra nazionalista usano l’etichetta di liberale come un insulto. Rachman ammette che queste critiche hanno un fondo di verità. Il ruolo sempre più assente dello stato ha generato un profondo senso di insicurezza in occidente. E la destra ha ragione a dire che i liberali hanno sottovalutato le conseguenze della globalizzazione.
Secondo Rachman il liberismo non è incompatibile con alcuni ruoli dello stato moderno. “La maggior parte dei liberali non sono libertari: riconoscono che uno stato attivo può garantire il giusto funzionamento del mercato. Il ‘neoliberismo’ di Reagan e Thatcher diffidava dell’intervento pubblico, per ragioni sia politiche che economiche. Ma Tony Blair – che spesso viene accusato di essere un ‘neoliberista’ – era a favore dell’intervento pubblico e della redistribuzione fiscale”.
Molti blariani riconoscono che l’ex premier ha sbagliato a consentire l’immigrazione dai paesi dell’Est che sono entrati nell’Unione europea nel 2004. Tuttavia, adottare una linea cauta sull’immigrazione è compatibile con il liberalismo e resta molto distante dalle politiche xenofobe di Donald Trump e Nigel Farage. A differenza degli estremisti, i veri liberali difendono i diritti degli individui anziché i diritti dei gruppi. Per loro le relazioni internazionali non consistono solamente nella gestione dei rapporti tra stati, ma nel riconoscimento dei diritti degli individui che vivono in quegli stati. “Gli estremisti di destra e sinistra che si contendono il primato nel mondo post coronavirus sembrano essere uniti solo dal loro disprezzo verso i liberali – conclude Rachman – Ma un giorno entrambi gli schieramenti potrebbero essere grati di un aspetto importante del liberalismo. Come ha notato Frost, i liberali non credono nella distruzione dei loro nemici”.
Il Foglio internazionale