La paranoia antiglobalista che aumenta mentre si sgretola l'internazionalismo
I complottisti di tutto il mondo hanno scambiato il tramonto della società liberale per l’alba di una nuova dittatura mondiale
“E’ sbagliato credere a gran parte delle teorie complottiste, ma è altrettanto sbagliato pensare che non abbiano alcun legame con la realtà”, scrive Ross Douthat sul New York Times: “Alcune teorie veicolano delle idee malsane oppure tentano di diffondere mala informazione. Altre invece esagerano o mal interpretano delle tendenze reali anziché negarle, oppure offrono delle spiegazioni improbabili di alcuni misteri. Questo accade nell’èra di Trump così come in ogni altra epoca. Gli extraterrestri probabilmente non vivono tra di noi, eppure vengono scoperte nuove prove secondo cui il fenomeno degli Ufo esiste per davvero. QAnon è frutto della fantasia, ma il fatto che molti predatori sessuali abbiano dei legami con presidenti, papi e principi è una dura verità del post Jeffrey Epstein. Tuttavia, a volte le teorie complottiste si scontrano con la realtà che un tempo le sosteneva, e acquisiscono popolarità mentre il mondo reale rende le loro ansie irrilevanti. Qualcosa di simile sta accadendo oggi con le teorie complottiste sul cosiddetto Nuovo ordine mondiale (Nom). Da un lato, il coronavirus sta aumentando le paranoie sul Nom, suscitando un rinnovato timore verso le élite che aspirano a governare il mondo. Ma allo stesso tempo, il vero Nuovo ordine mondiale, ovvero il sogno di un’integrazione globale e di un governo transnazionale, si sta disintegrando davanti ai nostri occhi. I complottisti hanno tratto il termine ‘Nuovo ordine mondiale’ dalla retorica ottimista di George H. W. Bush, e da allora la paranoia e i fatti sono sempre andati a braccetto. La fantasia riguarda un imminente controllo totalitario, la discesa di elicotteri neri, le trame secrete di Bilderberg. Ma questa visione è stata incoraggiata da molte realtà innegabili – la crescita delle istituzioni transnazionali, il potere smisurato di una casta globale, l’espansione poco democratica dell’Unione europea, l’ascesa della sorveglianza digitale e i legami sempre più stretti tra Cina e America che hanno dato vita alla ‘Chimerica’. Il coronavirus ha dato nuova linfa a queste teorie. La pandemia viene vista come un pretesto per assegnare il dominio mondiale, Bill Gates e Anthony Fauci come gli architetti di questa trama oscura e il sistema ‘test and trace’ come uno schema per ottenere la sorveglianza permanente. Questa paura ha condizionato sia la destra che la sinistra. Ma dato che l’élite globale tende a essere secolare e ostile alla religione tradizionale, i timori sul dominio globale sono particolarmente diffusi tra i conservatori cristiani. Questa paura ha coinvolto anche le gerarchie ecclesiastiche, tanto che due cardinali hanno firmato una dichiarazione dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò — tra i primi accusatori delle molestie sessuali in Vaticano poi diventato un paladino tradizionalista — che ha descritto il lockdown come ‘il preludio di un governo mondiale al di fuori del nostro controllo’.
Ma a differenza degli anni Novanta e Duemila, quando la paranoia del Nuovo ordine mondiale esagerava degli sviluppi e delle tendenze in atto, stavolta la realtà è l’opposto di ciò che viene temuto. Anziché consolidare il globalismo, il coronavirus sta disintegrando l’internazionalismo. Il virus ha mostrato che le entità globali sono deboli o politicamente compromesse, come nel caso dell’Organizzazione mondiale della sanità o delle Nazioni unite. L’emergenza ha reintrodotto o rafforzato i confini, impedito l’immigrazione, spostato il fulcro del potere dal livello internazionale a quello nazionale. E ha alimentato la rivalità globale, disintegrando la ‘Chimerica’ e creando le condizioni per una nuova guerra fredda lungo il Pacifico. Certo, i nuovi sistemi di tracciamento potranno aumentare il potere di sorveglianza dell’industria tecnologica. Ma da ogni altro punto di vista, le tendenza e le istituzioni che alimentano la paranoia del Nuovo ordine mondiale rischiano di uscire distrutte, screditate e permanentemente indebolite da questa crisi. Lo stesso ragionamento si applica alla teoria meno apocalittica secondo cui il lockdown è espressione di uno stadio avanzato del liberalismo cosmopolita, e frutto dell’ossessione del tecnocrate liberale con la salute fisica e il controllo di stato. (I miei amici R. R. Reno di First Things e Daniel McCarthy di Modern Age hanno entrambi offerto delle variazioni di questa tesi). In realtà l’ossessione liberale per la salute e il controllo statale è finalizzata alla liberazione personale, la ricerca del piacere, il turismo e il commercio. Quindi il lockdown e la chiusura dei confini non sono l’apoteosi del liberalismo internazionalista bensì la sua negazione. (E non è una coincidenza che la Svezia, il paese occidentale più secolare e cosmopolita, abbia tenuto aperti i bar e optato invece per l’immunità di gregge). Questa negazione temporanea non significa che siamo all’alba di una nuova epoca post-liberale e nemmeno che le debolezze dell’Oms e dell’Ue faranno scomparire il globalismo, sia ideologicamente che istituzionalmente. Ma nell’epoca del post pandemia sia il liberalismo che il globalismo sembreranno delle ideologie zombie, dei fantasmi di un passato ambizioso e utopico piuttosto che delle forze in ascesa in grado di suscitare speranza e timore. E quelli che al momento hanno paura, al punto da evocare paranoie e teorie complottiste, alla fine capiranno di avere scambiato il tramonto dell’èra globalista con l’alba di un nuovo ordine mondiale”.
(Traduzione di Gregorio Sorgi)
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