Sangue giusto
Francesca Melandri
Rizzoli, 527 pp., 20 euro
Un’esistenza complessa sembra possa svoltare da un momento all’altro. Ogni giorno potrebbe accadere qualcosa: è l’attesa della novità che conferisce a Ilaria Profeti (nomen omen) una speranza, uno sprizzo di vitalità. Esercita il mestiere di insegnante ed è oppressa dalla vita sentimentale come tante coetanee, dal rapporto a strappi con il padre Attilio e da una famiglia della quale conosce ben poco dei pezzi che l’hanno composta, storie passate e prontamente seppellite. Abita al sesto piano di un palazzo ovattato da zaffate di curry, dal calore della stagione e dallo smog della capitale. Finché un ragazzo di colore, Shimeta Ietmgeta, che dice di essere il nipote di Attilio e della donna con cui è stato durante l’occupazione fascista in Etiopia, si presenta alla sua porta mostrandole un passaporto. Ilaria ha trovato la chiave per aprire una porta chiusa a doppia mandata e per guardare dentro stanze buie, per ricucire vicende parentali rimosse. Sangue giusto è un romanzo di sorprese personali e ricostruzioni storiche: siamo nel 2010 e Attilio Profeti ha 95 anni. E’ berlusconiano, la mattina si alza presto e non ha bisogno della sveglia. Dipendente statale in pensione, marito di Anita (ed ex marito di Marella), padre di Ilaria, Emilio, Federico e Attilio. “La memoria dei sogni, se anche ne aveva avuti, nell’istante in cui apriva gli occhi si faceva inaccessibile e comunque priva per lui di alcun interesse: egli rientrava sempre senza tentennamenti nell’unica realtà di cui gl’importasse, quella fuori di sé”. Di lui Ilaria sa che ha combattuto nella Seconda guerra mondiale e che è stato razzista. Non sa dell’amore per una donna etiope e di un figlio mai visto. Una storia che si allaccia all’Italia del secolo scorso, al fascismo, ai tedeschi, ai partigiani e prima ancora all’occupazione in Africa. Melandri ci presenta, tra gli altri, la figura del maresciallo Rodolfo Graziani, viceré d’Etiopia, e di Giorgio Almirante, che credeva fermamente nella razza italiana. Ma è il colonialismo il centro motore del libro, portatore di soprusi, stupri, figli illegittimi, malefatte. Gli italiani si trovarono per ordine di Mussolini a dover fronteggiare uomini armati di clave e bastoni. Ilaria capisce che ogni uomo ha un segreto, il mistero del prossimo. Nessuno può leggere una biblioteca altrui, “neanche quella di chi più ama”. I libri proibiti sono sempre un inferno e la guerra stessa è un veicolo lontano per chi è nato dopo. Francesca Melandri ha scritto una narrazione sincera, ordinata nella sua intelaiatura, oltre che documentata, austera e solitaria al pari delle percezioni di Ilaria. Il padre che muore è la biblioteca che prende fuoco, ma anche, in fondo, la constatazione che chi ci lascia ha ricevuto un diniego per il resto dell’eternità andandosene dalla sua casa. E’ un profugo. La realtà cambia, come le contaminazioni tra la gente, ora che la globalizzazione ci ha resi cittadini del mondo, il cui centro è quel punto in mezzo ai nostri occhi.
SANGUE GIUSTO
Francesca Melandri
Rizzoli, 527 pp., 20 euro
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