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A History of the Future
Peter J. Bowler
Cambridge University Press, 298 pp., 19,99 sterline
Che la tecnologia abbia cambiato e sia destinata a cambiare le nostre vite, anche se non sappiamo come, è per noi un’ovvietà. Ma la pratica di pronosticare l’impatto futuro della tecnologia è tutto sommato recente. Quando le famiglie facevano fatica a mettere insieme la cena e il tempo libero non sapevano cosa fosse, le loro principali preoccupazioni riguardavano l’immediata sopravvivenza e quella dei propri figli. Nei primi del Novecento, però, le cose cambiarono: invenzioni come la radio o l’automobile uscirono da cerchie ristrette per approdare nelle case di un numero sempre maggiore di persone. Fantasticare sul futuro, anche a scopo ludico, non fu più un lusso. Negli anni 50 verrà coniato il termine “futurologia”. Anticipare il futuro diventa un’attività globale alla quale partecipano scienziati, divulgatori, scrittori di fantascienza: l’idea che il futuro sarà diverso dal presente, benché ovvia, è ora parte di un immaginario collettivo.
Può sembrare semplicistico dividere gli umori tra l’entusiasmo per la tecnologia e il catastrofismo. Ma secondo Peter Bowler – professore emerito di Storia della scienza alla Queen’s University di Belfast – è una semplificazione che funziona. Al primo gruppo appartennero scienziati e ingegneri (ma anche scrittori di serie B), al secondo gli umanisti. Non sempre, tuttavia, i timori per il futuro nascevano da ignoranza scientifica: spesso erano legati alla possibilità che le nuove tecnologie cadessero nelle mani sbagliate, a cominciare da quelle dei governi. Distopie come Brave New World avevano avvisato: “Una società basata sulla pianificazione razionale potrebbe non avere anima, anche se a parole affermasse di promuovere la felicità”. Se all’inizio del secolo H. G. Wells e altri avevano auspicato “uno stato autocratico governato dagli esperti”, il loro sogno si sarebbe infranto contro la realtà dei totalitarismi.
L’idea che la tecnologia renderà migliore la vita delle persone è forte. L’elettricità, secondo Thomas Edison e A. M. Law, avrebbe ridotto il lavoro domestico e permesso alle donne di entrare nella forza lavoro; le persone avrebbero viaggiato di più e comunicato più facilmente. Ma le guerre misero l’ottimismo a dura prova, specialmente dopo Hiroshima. Molte delle nuove tecnologie, dopotutto, avevano un’applicazione militare. I missili della Seconda guerra mondiale permisero di immaginare i viaggi nello spazio: la “corsa allo spazio” tra Stati Uniti e Unione sovietica e la fantascienza di A. C. Clarke e soci avrebbero fatto il resto. Presto le preoccupazioni per l’ambiente sostituirono quelle per la guerra. Quello di Bowler è un libro assai documentato, che più che fornire una tesi dipinge un quadro. Una tesi possiamo però trovarla: si può essere esperti di molte cose, ma non del futuro.
A HISTORY OF THE FUTURE
Peter J. Bowler
Cambridge University Press, 298 pp., 19,99 sterline
Una Fogliata di libri