recensioni foglianti
Elogio dell'ombra
Jorge Luis Borges
Adelphi, 161 pp., 16 euro
Ho consacrato la mia vita alle lettere, alla cattedra, all’ozio, alle tranquille avventure della conversazione, alla filologia che ignoro, alla misteriosa abitudine di Buenos Aires e alle perplessità che non senza una certa superbia chiamiamo metafisica”. Inizia così questo “volume in versi” – come lo definisce il suo autore, Jorge Luis Borges (1899-1986) – comparso per la prima volta nel giorno del suo settantesimo compleanno, il 24 agosto del 1969, e ora riproposto da Adelphi con una nuova veste grafica e con una nuova e attenta traduzione di Tommaso Scarano. Sin dalle prime righe, l’autore si lascia andare a confessioni e spiega, ad esempio, di non credere nelle estetiche, “perché le estetiche non sono altro che ‘inutili astrazioni’, variano per ogni settore e per ogni singolo testo e in quanto tali, ‘non possono essere altro che stimoli o strumenti occasionali’”. Le parole sono importanti e fondamentali – loro sì – ma di certo non quelle più ricercate. Meglio propendere per quelle abituali e per quelle più sorprendenti, cercando di inserire, magari, in un racconto o in una poesia – come accade in questo caso – anche piccole incertezze, “perché se la realtà è precisa, la memoria non lo è”. Il tempo fa il suo corso e può anche insegnare a evitare i sinonimi, narrando i fatti come se non li si capissero affatto, fregandosene delle regole, tanto ci penserà lui stesso ad abolirle, ma su tutte, spetterà proprio al tempo una funzione essenziale: far capire agli uomini l’importanza della vecchiaia e la quiete che offrono le sue naturali limitazioni, dalla cecità (che sfuma le forme) ai ricordi (che si diradano) fino alle passioni (che si assopiscono). Invoca la morte e lo fa spesso, un vero e proprio dono, spiega, rifacendosi al culto sudamericano di quel particolare momento che è la fine di ogni uomo, “il momento dell’ombra”, che è poi quello a cui si riferisce il titolo del libro, un manuale prezioso in cui l’autore argentino ha messo e dato il meglio di sé. C’è la sua Buenos Aires con il cimitero La Ricoleta, ci sono “le case confuse” e “le case precarie”, c’è la penombra ma “è lenta e non fa male”, ci sono le donne amate e conosciute e ci sono ovviamente gli amici, ma non c’è spazio per i nemici (“non si sono mai rivelati”), tanto “nessuno può ferirci salvo chi amiamo”. La regola – suggerisce Borges – è non odiare i propri nemici, perché se lo si fa, si diventa loro schiavi. Tutt’al più, bisogna far loro del bene, “il miglior modo di compiacer la propria vanità. L’emozione poetica è ciò che conta davvero assieme alla bellezza – “un qualcosa che è in comune a questo mondo” – meno l’informazione o il ragionamento. Basta essere attaccati alle cose materiali – scrive in questi suoi urli espressi in versi – tanto prima o poi saremo costretti ad abbandonarle visto che “dureranno ben oltre il nostro oblio e non sapranno mai che ce ne siamo andati”.
ELOGIO DELL'OMBRA
Jorge Luis Borges
Adelphi, 161 pp., 16 euro