Gli antimoderni
di Antoine Compagnon, Neri Pozza, 512 pp., 28 euro
Gli antimoderni non sono semplicemente i tradizionalisti, i laudatores temporis actis: quelli, da che mondo è mondo, ci sono stati sempre. Gli antimoderni sono una specie a parte, che si costituisce e non può essere compresa se non in rapporto oppositivo ma anche simbiotico con la Rivoluzione francese e con il pensiero che l’ha generata. Specie peraltro popolatissima, già che l’elenco dei membri comincia al tempo della Rivoluzione e arriva ai giorni nostri, da Joseph de Maistre a Roland Barthes, passando per Baudelaire e Bernanos, per Georges Bataille e per Roger Callois e per mille altri, tanto che “quasi tutta la letteratura francese dei secoli XIX e XX preferita dalla posterità è antimoderna”.
Sei sono – sostiene Compagnon – i tratti caratteristici degli antimoderni. Costoro sono in primo luogo – ça va sans dire – controrivoluzionari; ma sono anche avversari dell’Illuminismo, al cui astratto razionalismo oppongono “il richiamo all’esperienza”, l’insistenza sul primato della realtà nelle sue mille sfaccettature contro ogni tentativo di ridurla a uno schema generale. All’ottimismo dei moderni, convinti che il tempo generi necessariamente il meglio, oppongono (terza idea) un radicale pessimismo, fondato sulla convinzione (quattro) che la natura umana sia irrimediabilmente ferita: “Non c’è nulla di più assurdo del Progresso – scrive Baudelaire –, dato che l’uomo è sempre uguale all’uomo, cioè allo stato selvaggio”, e tutti i mali del tempo sono “la conseguenza della grande eresia moderna, la soppressione dell’idea del peccato originale”. Infine gli antimoderni sono appassionati del sublime, impugnato in tutte le sue forme contro l’ordinario e la mediocrità, e sono maestri dell’arte dell’invettiva. Fissate le coordinate, Compagnon si addentra in due secoli di dibattito culturale e politico, mostrando come i diversi elementi si presentino in infinite varietà e combinazioni: ciascuno dei personaggi trattati è in realtà un caso a sé, e il mondo degli “antimoderni” è attraversato da innumerevoli differenze e segnato da polemiche anche aspre.
Il viaggio si conclude con due considerazioni. La prima: mentre oggi “la Rivoluzione francese appartiene al passato” e “sembra che non abbia più niente da insegnarci”, “gli antimoderni sono sempre più presenti e ci appaiono persino profetici”. Anzi, “tendiamo a vederli più contemporanei e più vicini a noi, perché erano disincantati. Gli antimoderni sono dei moderni in libertà”. La seconda, a prima vista sorprendente ma a ben guardare coerente col percorso compiuto: “Essere davvero antimoderni oggi, cioè intempestivi, sarebbe paradossalmente battersi a testa rovesciata e difendere i valori dei Lumi, le libertà moderne, lo stato di diritto. Bisogna essere ben ingenui per credere che a dover essere temuti oggi siano i trionfi del moderno e non i nuovi tipi di arcaismo. E se la questione è sempre quella di mostrarsi indocili, è venuto il momento di esaltare i Lumi, e non di fare gli schizzinosi”.
GLI ANTIMODERNI
Antoine Compagnon
Neri Pozza, 512 pp., 28 euro