L'abaco dei sentimenti confusi

Alessandro Moscè

Giuseppe Procaccini
Gaffi, 187 pp., 15 euro

Di ogni libro va estrapolato il nodo, ciò che ha spinto lo scrittore a pubblicarlo. Giuseppe Procaccini (ex prefetto ed ex capo di Gabinetto di ben tre ministri), con L’abaco dei sentimenti confusi ha dirottato in un quadro composito un personaggio dietro l’altro con toni confidenziali: storie di uomini e donne, aneddoti, vicende curiose di gente comune. Chi è quel tipo? Cosa desidera? Cosa nasconde? I sentimenti sembrano sempre sottoposti a dubbi consci. L’inventario si costruisce di gesti, movenze, pensieri disillusi, come avviene, in parte, nella narrativa pianificata di Antonio Tabucchi. Disagio, smarrimento, depressione, frustrazione, nostalgia, sogno, sacrificio, umiltà, indifferenza. Le novelle di Procaccini sono dosate in un concentrato rappreso del sentire, spesso anche ironiche, leggere, come nel caso del piccino abbandonato e adottato dalle infermiere e dalle dottoresse di un reparto maternità. Finirà per avere undici madri, per innamorarsi di una di loro e per andarsene mano nella mano con lei in una “affettività scomposta”, come la definisce l’autore stesso. Il ragazzo dovrà fare i conti con il peso delle convenzioni e delle regole sociali, nonostante l’arrivo della vera madre che però non lo scuoterà affatto. Non mancano le descrizioni paesaggistiche dei borghi come Castelforte, con la vicinanza del mare e il richiamo scenografico di straordinari insediamenti, in cui un vago estro surreale investe l’ambiente. Un vecchio professore incontra una giovane che assomiglia alla figlia morta prematuramente e che viene rivista in un’apparizione miracolosa. Suggestivo il brano incentrato sul portaombrelli divelto che finisce per procurare guai a un commesso impossibilitato a liberarsene in mancanza di una relazione scritta che dimostri di non aver arrecato danni al patrimonio pubblico. Giuseppe Procaccini scrive: “La vita non ha un andamento statico, equilibrato o prevedibile”. Ecco che spiccano i personaggi quasi irreali tanto sono dissonanti, impacciati, estranei. Il miglior racconto si intitola “La confessione”. Un uomo rimasto orfano e che spesso si è prodigato per gli altri, entra in una chiesa e vede un uomo scalzo pregare tormentandosi. Decide allora di confessarsi. Si definisce un suono senza eco, un’auto senza fari, un biliardo senza sponde. Ha aiutato solo per vanità. Il sacerdote lo ammonisce: “Tu hai pensato di sfuggire all’egoismo attraverso l’azione sociale”. L’ipocrisia del fare, in fondo, muove solo turbamento, se non si elabora la propria coscienza. La condizione umana viene assediata dalla molteplicità dei sentimenti, tutti rivedibili. La sfida è proprio di chi riveste di logica ciò che è estemporaneo e contraddittorio. Ma questi protagonisti, in fondo, sono tutti assolti, perché nessuno di loro sarebbe capace di fare del male. Tra istinto di sopravvivenza e illusione di futuro, si barcamenano, non cedono all’ineluttabile, acquisiscono dignità e consapevolezza anche attraverso “l’accettazione supina delle cose”.

 

L'ABACO DEI SENTIMENTI CONFUSI
Giuseppe Procaccini
Gaffi, 187 pp., 15 euro

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