recensioni foglianti
Il selvaggio
Guillermo Arriaga
Bompiani, 752 pp., 22 euro
Questa storia comincia negli anni 70 in Messico. Juan Guillermo non lo sa ma la sua nascita coincide con la morte del suo gemello. Hanno lottato nel grembo della madre per la sopravvivenza e alla fine lui ha sopravanzato l’altro, riuscendo a farcela in extremis grazie a un cesareo e a litri di sangue altrui che adesso scorrono nelle sue vene. Una vita che nasce mentre un’altra cede il passo.
La lotteria della vita. La violenza diverrà la costante della sua vita, costretto ad assistere inerme alla scomparsa di tutta la sua famiglia: la nonna, i genitori e il fratello Carlos, grazie al quale ha imparato a sopravvivere sui tetti della città, sfuggendo alla polizia e ai sorveglianti di quartiere. Ironia della sorte, saranno proprio questi giovani estremisti religiosi, coloro che non tollerano che si dicano parolacce in strada e che si manchi di rispetto alle donne, a uccidere brutalmente Carlos e la sua fine trascinerà il suicidio dei genitori, sopraffatti dal dolore. In un lampo Juan Guillermo non è più un ragazzo. Il Messico vuole che sia già uomo, adulto abbastanza per affrontare il dolore e provare a tirare avanti. Cosa può salvarlo se non una grande storia di amore? E intanto, come una retta tangente corre parallela alla sua vita quella di Amaruq, un selvaggio con un destino connesso a stretto giro con quello di un lupo nei boschi ghiacciati dello Yukon.
Ma come siamo arrivati fin qui, si chiederà il lettore? Brilla in queste pagine oscure, ricche di azione e tormento, rimorso e violenza (e tradotte con perizia da Bruno Arpaia), il talento di Guillermo Arriaga, riuscendo a maneggiare una materia complessa e sfuggente grazie al fatto di essere cresciuto in un quartiere molto violento della capitale messicana. Scrittore, regista e sceneggiatore (sono suoi gli script della celeberrima “trilogia sulla morte”, Amores Perros, 21 grammi e Babel che Alejandro Iñárritu ha trasposto al cinema con enorme successo) in questo romanzo fluviale che si legge in apnea ha immerso molti elementi della propria vita – la vita sui tetti, il quartiere, la violenza ovviamente – senza però scivolare nella autobiografia, mantenendo un distacco che gli permette di sovrastare la trama e tenere i fili del racconto, lasciando correre la penna per sfogare il lato selvaggio del protagonista, quella necessità di contatto diretto con la natura senza regole che si contrappone alla rigida disciplina, al contegno voluto dai genitori.
Nella sua vita reale Arriaga ha sfiorato più volte l’incontro con la morte (quella vera) – un incidente d’auto, un’infezione al cuore, un violento pestaggio a 13 anni che gli costò l’olfatto – e proprio la contrapposizione fra la leggerezza dell’incoscienza e la lotta per la sopravvivenza è il doppio binario su cui gioca il libro, perennemente in bilico fra la vita la morte, fra le lacrime e il sorriso.
IL SELVAGGIO
Guillermo Arriaga
Bompiani, 752 pp., 22 euro