recensioni foglianti
108 metri. The new working class hero
Alberto Prunetti
Laterza, 146 pp., 16 euro
“Dai una mano ai tu’ soci. Sciopera. Non leccà il culo al capo. Non fa’ il crumiro. Non infierì se ti tocca menà. Non prendertela troppo coi pisani, so’ umani anche loro. Diffida dei quattrinai. Se uno studiato ti chiama signore, mettiti col culo al muro. Più una o due massime che ora ’un mi ricordo”. E’ questo il decalogo che il padre-operaio Renato, la cui morte Prunetti aveva raccontato in “Amianto”, consegna al figlio che vuole studiare, con una diffidenza (“classico ’na bella sega”) da cui però traspare un ultimo, radicale tifo. Lo stesso che si palesa nella manata sulle spalle che quasi “anticipa il volo” con cui, anni dopo, il figlio neolaureato tenterà di trovare lavoro in Inghilterra. Dalla costa toscana che guarda all’Isola di Ferro, e ha nomi affilati e duri (Piombino, Portoferraio) a un’altra isola, quella che fu governata dalla Lady di Ferro, mentre in occidente tutto sembra ripetere che “i tempi erano cambiati. Ci avevano detto che il lavoro era smaterializzato, che non avremmo sudato più, che mai più avremmo usato le mani”.
E invece le mani servono ancora, per pulire i bagni intasati di carta igienica, per scottarsi con le pizze, sempre sorvegliati perché non ci si azzardi a scambiare una parola, a fermarsi, a respirare. Compagni di ciurma in questo racconto che fonde passato e futuro sono pensionati dalle magliette incrostate di sudore ma che conoscono la metrica elisabettiana, tuttofare “che non facevano mai un cazzo”, amici di bevute e risse, hooligan e gesuiti, ma anche delatori pronti a tutto per scalzarti, mentre dietro le ottusità dei capireparto e datori di lavoro si profila l’ombra remota e onnipresente di un’Entità, che adesso ha le sembianze di una Tatcher-Kalì, ora dello Cthulu lovercraftiano, un mostro che può aspettarti anche a casa, e colpirti a tradimento.
Il nuovo libro di Prunetti è stato giustamente paragonato all’Orwell degli anni di miseria a Parigi o delle inchieste sui minatori inglesi, ma l’affinità risiede anzitutto nello stesso orizzonte esistenziale, nella stessa esigenza emotiva: quella di poter fondere politica ed estetica, le spalle da operaio e le mani da scrittore. La stessa volontà di guardare in faccia quanto la vita d’una parte del mondo sia sporca, scoccandole occhiate rabbiose e al tempo stesso ironiche, consapevole che proprio lì si annida il peggio e il meglio della vita, “ il mestiere che entra”. Tutto questo – ed è una grande conquista – incarnato da una prosa ricca, divertente, stratificata, che evita le metafore trite e retoriche, e non chiede mai al lettore di fare il lavoro al posto suo: “Sono secoli che gli studiosi e i critici cercano di decifrare i segreti di Shakespeare. Basterebbe entrare in un pub di lavoratori il venerdì sera e il mistero sarebbe risolto. Orgoglio, paura, vendetta, gelosia. Ci sono più cose tra il bancone e la latrina di un qualsiasi pub inglese di una catena in franchising, di quante ne sogni la vostra filosofia”.
108 METRI. THE NEW WORKING CLASS HERO
Alberto Prunetti
Laterza, 146 pp., 16 euro