recensioni foglianti
Le visionarie
a cura di Ann e Jeff VanderMeer
Nero editions, 536 pp., 25 euro
C’era una volta un ladro che strappò il cuore a sua madre per venderlo, per una cifra con molti zeri, a un califfo. Lo chiuse in una scatolina e si mise in viaggio per portarlo al suo cliente. Mentre camminava, però, inciampò e il cuore volò fuori dalla scatolina e gli disse: “Ti sei fatto male, figlio mio?”. La madre di quello sciagurato gli aveva parlato, da quel cuore. Questa storiella la racconta una delle prigioniere di Shark Island – un posto dove finiscono le mamme (non è chiaro se ci vadano da sole o se ce le mandino i figli), quando non servono più, o falliscono, o sbagliano, o disturbano. Lei è arrivata dopo essere stata maltrattata dalla famiglia, figlia compresa, e rimproverata di continuo, spremuta, assillata. Eppure, quando viene a sapere che nella prigione sta per finirci anche sua figlia, mamma a sua volta, rinuncia a scappare. Ed è per spiegare la ragione per cui rinuncia alla libertà, che racconta alle sue compagne di cella la storiella del ladro e del califfo. La maternità è un ergastolo e dura qualcosa di più. Una sindrome di Stoccolma incurabile. Il suo lato più scandaloso e tenero è questo qui, lo si ritrova in questo e molti dei racconti contenuti nell’antologia Le Visionarie, che nell’intenzione dei curatori, Ann e Jeff VanderMeer, offre “un contributo a una discussione in costante divenire”. Su cosa? Sulla letteratura fantastica femminile e, più nello specifico, quella che è stata scritta a partire dagli anni Settanta, la speculative fiction, dove la riflessione femminista si avvale della distopia, del fantasy, del noir, del giallo per raccontare, delle donne, i ruoli, le tenaglie, i sogni, le aspirazioni. In questa raccolta, il femminile (intendiamolo nel suo senso storico e antropologico, non biologico o, almeno, non solo) è una forza, una “candela che brucia da due lati” (è un verso di Edna St. Vincet Millay). Diciassette traduttrici (tra cui Claudia Durastanti, Gaja Cenciarelli, Veronica Raimo) per ventinove racconti di scrittrici (Elisabeth Vonarburg, Hiromi Goto, Susan Plawick), che in Italia si conoscono poco e che sembrano, collezionate così, tutte grandi amiche, bravissime a giocare, ancora più abili a divertirsi. In molta letteratura femminile, il corpo riduce la spaziatura, carica di morale le parole, aumenta il volume delle accuse. Di interessante, qui, invece, c’è che il corpo è un lasciapassare per il fantastico.
L’indimenticabile Ania de Il sonno delle piante, a un certo punto, si trasferisce in un vaso, si copre i piedi di terra, prende a mangiare insetti e disabitua il corpo al movimento. Aspetta che le spuntino le radici. La salva, dalle grinfie di una mamma scema e cattiva, l’ex fidanzato: lui capisce che Ania vuole solo diventare un albero, vivere immobile e in silenzio per “in silenzio animare il mondo” e la porta con sé nel suo giardino, la pianta. Sposa un’altra e lei fa i fiori.
LE VISIONARIE
a cura di Ann e Jeff VanderMeer
Nero editions, 536 pp., 25 euro
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