recensioni foglianti
La scomparsa di Josef Mengele
Olivier Guez
Neri Pozza, 201 pp., 16,50 euro
L’uomo è un centauro mosso da desideri antinomici e ostili che galoppa in una nube di polvere alla ricerca del paradiso; la storia è il racconto delle contraddizioni umane; il capitalismo e il comunismo trasformano l’individuo in insetto. Lo sosteneva Perón che con quell’icona della modernizzazione che era sua moglie Evita riuscì a dare una scossa alla vecchia società coloniale argentina, promettendo al suo popolo la posizione verticale del pendolo. Nel suo paese vi trovarono rifugio molti criminali nazisti vivendo indisturbati per molti anni. Uno di questi – giunto a Buenos Aires con documenti falsi sotto il nome di Helmut Gregor dopo aver attraversato l’oceano sulla North King salpata da Genova – era Josef Mengele, “l’angelo della morte”, per usare un eufemismo, “il prigioniero della maledizione di Caino”, come lo definisce lo scrittore, sceneggiatore e giornalista Olivier Guez in questo romanzo che ne va a ricostruire la vita partendo proprio da quello sbarco in terra straniera. Per molto tempo, furono in pochi a sapere chi fosse realmente, anche perché nessuno poteva sospettare che dietro quel meccanico tedesco di nazionalità italiana, elogiato dalle donne per la sua cortesia cerimoniosa e la cultura germanica da Fichte e Goethe, potesse celarsi un medico nazista, “il primo omicida dell’umanità”. Come l’ufficiale Klaus Barbie – “il boia di Lione” – o come Hans-Ulrich Rudel – asso dell’aviazione hitleriana – visse libero nel lusso, convinto che nessuno più lo avrebbe scovato, aiutato dai filonazisti, ma – soprattutto – dalla sua ricca famiglia, proprietaria di una grossa fabbrica a Günzburg. Lasciò sua moglie Irene e il figlio Rolf e arrivò persino a sposare a distanza e in seconde nozze sua cognata per non permettere che il sostanzioso patrimonio finisse nelle mani sbagliate. Nulla in confronto ai suoi crimini e alle sue idee aberranti che non abbandonò mai – dalla supremazia della razza ariana al senso della morte dei più deboli senza alcuna pietà. Non si pentì neppure quando – solo, nevrotico, malato e in preda a incubi spaventosi – fu costretto a trasferirsi in Paraguay e a fare l’agricoltore, ospite di una famiglia europea dell’est. Guez ci fa entrare nella mente di quel criminale a cui bastava un cenno con il volto e un gesto con il frustino fischiettando opere liriche, per decidere le sorti di un condannato a morte ad Auschwitz. Ne ricorda gli esperimenti orrendi oltre alle reazioni che ci furono subito dopo la pubblicazione del Diario di Anna Frank e alla censura di Notte e Nebbia di Resnais a Cannes che scossero le coscienze. Il risultato è sconvolgente, ma assolutamente necessario per non dimenticare tutti quegli orrori, ma soprattutto per ricordare che chi fa del male, prima o poi paga. Mengele, ad esempio, morì annegato a San Paolo, in Brasile, per un banalissimo bagno in mare. Pensateci.
LA SCOMPARSA DI JOSEF MENGELE
Olivier Guez
Neri Pozza, 201 pp., 16,50 euro
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