recensioni foglianti

Magdeburg-L'eretico

Edoardo Rialti

Alan Altieri
Tea, 398 pp., 13 euro

Ci sono anniversari inquietanti, su cui tuttavia la nostra attenzione farebbe bene a soffermarsi, perché spesso il nostro suolo custodisce gli stessi semi che diedero alberi e frutti tanto terribili. Proprio in questo nostro 2018 ricorrono i 400 anni del conflitto politico-religioso che dilaniò l’Europa moderna e fece un numero di morti così spaventoso che taluni studiosi avanzano cifre in gara sinistra con quelle dei due conflitti mondiali. E’ a questo incubo collettivo, che parve incarnare effettivamente i quadri sanguinari dell’Apocalisse allora tanto evocata, che Sergio “Alan” Altieri, romanziere, sceneggiatore e traduttore, dedicò un grande ciclo epico che Tea meritoriamente ripubblica a un anno dalla scomparsa dell’autore. Al pari dei suoi romanzi sugli sniper britannici e squadroni mercenari o i thriller sulle megalopoli distopiche del futuro, nella Guerra dei trent’anni riaffiora e dilaga il vero fiume carsico della natura umana di ieri, oggi e sempre: “Troppi eserciti diversi, troppi condottieri diversi. Un unico desiderio: macellarsi gli uni con gli altri. E macellare il resto, tutto il resto. Strutture, raccolti, animali, uomini”.
Nella Germania del 1630 incontriamo algidi aristocratici cattolici, monache intelligenti e audaci che cercano di strappare un briciolo di civiltà alle ceneri, cardinali e mercenari, e un misterioso guerriero in nero che ha appreso l’arte della spada in una remota “Terra delle Lacrime”. Un crescendo di violenza, tradimenti e follia personale e collettiva che si concentra, come ferro su un magnete, su Magdeburg.
Un romanzo gloriosamente, furiosamente esagerato, un allucinato turbine barocco, dove i quadri di Dürer e Bosch prendono vita, tra nubi antracite, nugoli di corvi che sembrano parlare, e battute memorabili, che riecheggiano l’icastica forza di un noir alla Chandler, e in cui si coglie tutto il mestiere dello sceneggiatore: “In realtà, il suo non era un sorriso. Era la minaccia di un sorriso”. L’Altieri traduttore di G. R. R. Martin fa comparire persino uno “Stark”, così come il disgustoso “Inquisitore dei Topi” è un omaggio al Lovecraft a sua volta amato e tradotto.
Nei suoi romanzi d’azione contemporanea le parole erano precise e luccicanti come un fucile di grosso calibro. La precisione tecnica voleva essere dura e spigolosa come i paesaggi e i personaggi. Qui Altieri soppesa parole crudeli come si farebbe con una spada in mano. Immagini che escono fumanti dalla fucina, che hanno peso e sanno tagliare, mordere e squarciare. Si dice spesso che i precursori in ogni campo della conoscenza e dell’arte umana si sono fatti largo nella giungla, aprendo nuove piste a colpi di machete. Quando ancora la narrativa di genere e le contaminazioni venivano guardate con condiscendenza, Altieri nella cultura italiana si è inoltrato dove nessuno credeva di potersi spingere, e per generazioni di lettori e nuovi scrittori ha aperto a sua volta strade nuove nei boschi oscuri. Solo che l’ha fatto con una gigantesca ascia bipenne.

 

MAGDEBURG-L'ERETICO
Alan Altieri
Tea, 398 pp., 13 euro

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