Dai batteri a Bach. Come evolve la mente
Daniel C. Dennett, Raffaello Cortina, 568 pp., 32 euro
Nelle pagine conclusive dell’Origine delle specie Darwin aveva pronosticato che la sua teoria fosse destinata a gettare nuova luce sull’origine della specie umana. Nemmeno lui, probabilmente, poteva prevedere il fiume d’inchiostro che i posteri avrebbero versato sullo sviluppo di quelle caratteristiche – l’autocoscienza, la cultura, il linguaggio – che ancora oggi riteniamo appartenere esclusivamente all’umanità, salvo essere accennate in alcune specie animali. Come mai esista la mente, in che modo quest’insieme di processi inintelligibili che chiamiamo “coscienza” sia in grado di porsi in relazione con il mondo, comprenderlo, prevederlo, è una domanda che solo la mente umana è in grado di porre.
Per decenni, Daniel Dennett ha perlopiù cercato di demistificare il problema della mente. Chiedersi come sia possibile che dei processi materiali possano realizzare l’esperienza cosciente di un colore, ad esempio, è un tipo di domanda che segnala un approccio sbagliato a ciò che i filosofi della mente chiamano hard problem: il passaggio da processi fisici a stati mentali soggettivi.
Se il merito di Darwin fu mostrare che oggetti complessi, apparentemente progettati da una mente, possono essere il frutto di processi spontanei, non-intenzionali, fu Alan Turing a suggerire che un simile processo di generazione dal basso verso l’alto poteva funzionare per il cervello e la cognizione: possiamo progettare macchine “prive di mente e assolutamente ignoranti” in grado di eseguire calcoli aritmetici velocemente e senza errori, sulla base di istruzioni implementabili in modo automatico. La coscienza non è più un mistero, se la frammentiamo in componenti più piccole e “stupide”.
L’evoluzione della mente non è altro che un processo darwiniano che ha premiato una macchina di Turing di straordinaria complessità.
Dennett ricorre alla teoria dei “memi”, unità di trasmissione culturale, analoghe dei geni, la cui crescita, proliferazione e unione costituiscono quel fenomeno complesso che è il cambiamento culturale. Il cervello è una struttura evolutasi per farsi “infestare” da un gigantesco numero di memi – i più importanti tra i quali sono le parole – da cui ha tratto “la facoltà di progettare in maniera intelligente, sia manufatti sia la nostra stessa vita”.
Possiamo davvero considerare il “mistero” della coscienza come un falso problema?
Secondo filosofi non meno materialisti di Daniel Dennett, tra cui il rivale John Searle, sbarazzarsi del problema della coscienza significa averla già persa. La prosa dispersiva di Dennett tende a occultare alcune lacune: idee chiare e spesso valide, se prese singolarmente, ma collegate spesso in modo disordinato. In una direzione o nell’altra, è qui che la riflessione filosofica servirà necessariamente di più.
DAI BATTERI A BACH. COME EVOLVE LA MENTE
Daniel C. Dennett
Raffaello Cortina, 568 pp., 32 euro
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