recensioni foglianti
I colori dell'incendio
Pierre Lemaitre
Mondadori, 504 pp., 20 euro
Potrete anche iniziare a leggerlo distrattamente, con la solita diffidenza verso la narrativa popolare. Ma dopo qualche pagina ne verrete catturati. L’ultimo romanzo di Pierre Lemaitre è un’immensa saga nelle tinte fosche del giallo, un romanzo d’appendice dove il soldo, il sesso e il potere intrecciano una trama irresistibile, mossa da un vortice di sentimenti deleteri, azioni nefande, reazioni distruttive. Lemaitre, un autodidatta che vota Mélenchon, ex insegnante nei corsi per adulti diventato una star grazie al Prix Goncourt 2013, riprende la sua perlustrazione immaginaria di una realtà più vera del reale, iniziata – dopo anni di successi nel genere poliziesco– con Ci rivediamo lassù, romanzo su due reduci della Grande guerra, sopravvissuti al massacro e alla smobilitazione con una spettacolare truffa sui monumenti ai caduti. Continua infatti la saga dei Péricourt, attraverso Madeleine, la sorella di Edouard, il reduce sfregiato e omossessuale del primo romanzo. Il padre, banchiere autoritario, fondatore di un rispettato istituto di credito, è morto. Il giorno dei funerali, un’altra disgrazia si abbatte sulla famiglia. Il figlio di Madeleine e del losco d’Aulnay Pradelle precipita dalla finestra mentre la bara del nonno sta uscendo dal palazzo di famiglia. Colpo di scena, strazio, ambulanza, ricovero alla Salpetrière (non al), e finale a sorpresa: Paul vivrà, ma su una sedia a rotelle, perché il danno è al midollo. Da lì una tremenda serie di sventure. Nel giro di due anni Madeleine, la madre, donna fatua, egoista, molto dedita alla passione carnale per il giovane precettore del figlio, che vive nelle stanze della servitù, rifiuta di sposare il direttore generale della banca Péricourt, come avrebbe voluto il padre, un tipo plumbeo, alto, magro, avvizzito, per niente attraente ma cinico quanto basta per impalmare l’ereditiera e la sua fortuna, chiudendo un occhio sull’infedeltà. E bisogna leggere i dialoghi di Lemaitre per apprezzare l’arte di mettere in scena con poche battute cruciali l’incomprensione tra i due, i loro desideri paralleli che corrono, ignari, verso una convergenza impossibile.
Il dramma è tutto lì, ma si dipana in una serie di colpi di scena incalzanti, sullo sfondo della crisi del 1929, della corruzione politica della Terza Repubblica, della stampa che manipola, aggioga, ricatta i lettori, mentre l’avidità dei capitalisti trionfa senza morale, perché ogni fortuna, come insegna Balzac, si fonda sul crimine. Lemaitre crea e ricrea i suoi personaggi, ne travolge il destino, facendoli precipitare dal lusso ai soldi contati, e orchestra il racconto passando dal tasso di sconto al petrolio rumeno, dai segreti di fabbricazione di un turboreattore alla vendita del progetto ai nazisti, mentre il piccolo paraplegico cresce con una governante polacca, scopre la lirica grazie a un soprano argentino, finendo per diventare un genio della pubblicità, fra la devozione di un operaio, che per amore dell’anarchia diventa spia per realizzare la vendetta di Madeleine.
I COLORI DELL'INCENDIO
Pierre Lemaitre
Mondadori, 504 pp., 20 euro
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