recensioni foglianti
Storia di Ásta
Jón Kalman Stefánsson
Iperborea, 480 pp., 19,50 euro
Ásta è una donna come poche altre: selvatica, fiera e indomita. E’ proprio lei la protagonista del nuovo romanzo di Jón Kalman Stefánsson – pubblicato da Iperborea – che si apre in un piccolo appartamento seminterrato a Reykjavík nei primi anni Cinquanta, con due innamorati, Helga e Sigvaldi, che scelgono di chiamare la propria figlia in omaggio a una grande eroina della letteratura nordica, inno etimologico all’amore puro. Helga è bellissima e ha appena diciannove anni, lui è un modesto imbianchino che sfiora i trenta. Ma in quel momento stanno vivendo il proprio sogno d’eternità. Poche pagine che volano veloci finché l’autore di Paradiso e Inferno spezza la linearità del racconto, rivelando che quel sogno si è presto infranto. Ásta è cresciuta sola, abbandonata da entrambi i genitori, affidando i propri sentimenti a una serie di lettere – la prima risale alla sua adolescenza irrequieta – indirizzata a un amore ancora sconosciuto. Ecco, con questa semplice mossa, Stefánsson rompe gli indugi e ci scaraventa in un labirinto narrativo attraversato da ripetuti andirivieni, salti temporali che permettono a ciascun personaggio di rivelare la propria complessità fra luci e ombre, intuizioni e passi falsi. Insomma, raccontando la storia della sua eroina, Stefánsson lambisce, sfiora e cozza inevitabilmente con le esistenze di chi ha amato – l’anziana Kristín, Helga dallo spirito indomito e Jósef, l’anima gemella imperfetta – aprendo nuovi sentieri narrativi e spalancando la porta alla frustrazione. Perché, finalmente possiamo ammetterlo, il tentativo di raccontare la vita di Ásta in modo esaustivo è destinato al fallimento. Un sentimento umano che l’autore condivide apertamente con il proprio lettore, chiedendogli se non aiuto, quantomeno umana comprensione: “E’ impossibile raccontare una storia senza sbagliare, senza intraprendere percorsi arrischiati, o senza dover tornare indietro, come minimo due volte – perché viviamo contemporaneamente in tutte le epoche”. Stefánsson è impegnato a raccontare l’urgenza e l’incapacità di amare di Ásta, la sua corsa senza senso verso la felicità come fosse la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno, tentando di acchiappare lo sfuggente senso della vita. Così facendo, l’autore ci consegna un romanzo corale in cui a ciascun interprete è richiesto un contributo necessario per ricostruire la complessa, talvolta fallimentare, cattedrale emotiva della protagonista che invecchia fra speranze e illusioni. Proprio come accade a tutti noi. Il fondale scelto è in continuo mutare, muovendosi tra il profondo nord Europa – Reykjavík, la campagna islandese, i fiordi occidentali e Copenaghen – senza lesinare qualche incursione a sud, fra Vienna e Barcellona, a caccia di sole e caos vitale. Immergendosi in queste pagine s’ha la sensazione di trovarsi dentro l’acqua di un ruscello, scoprendo il canto di una terra rurale e fiabesca, il racconto di tante vite e una folle, insensata e irrinunciabile, corsa verso la felicità.
STORIA DI ÁSTA
Jón Kalman Stefánsson
Iperborea, 480 pp., 19,50 euro
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