Società e anarchia
Luca G. Castellin, Carocci, 179 pp., 19 euro
Il nome di “scuola inglese” nasce in modo accidentale e, come sottolinea Castellin, ironico: nel 1981, un articolo denuncia la sterilità e l’inadeguatezza metodologica dello studio della politica internazionale nell’università britannica, dominata a dire del suo autore dalla “English School”; ma quello che voleva essere un regolamento di conti avrebbe invece spinto molti a riconsiderare l’eredità di quegli studiosi, e a rivendicare una continuità con loro fino a oggi. Diversi per indole e formazione (storici delle idee e della diplomazia, giuristi, teologi, funzionari ministeriali) e restii a considerarsi una scuola, negli anni Cinquanta questi accademici “tradizionalisti”, mentre altri volevano fare della teoria delle relazioni internazionali una scienza sociale dotata di metodi empirici e modelli esplicativi, decisero di rimanere legati alle discipline della storia, del diritto e delle dottrine politiche, e di studiare le idee, gli interessi, le intenzioni di statisti e diplomatici, aderendo al punto di vista “interno” di coloro che agiscono sulla scena della politica internazionale. Per Martin Wight qui poteva allora riconoscersi un perenne dialogo tra i realisti, votati all’ordine, i rivoluzionisti, orientati alla giustizia, e in mezzo i molti che – razionalisti – cercano una via media tra le ragioni della forza e quelle del diritto.
Centrale nella scuola inglese è il concetto di “società anarchica”, ossimoro solo apparente definito da Hedley Bull. Le relazioni internazionali non sono condannate a essere una guerra di tutti contro tutti, e non sono destinate a compiersi in uno stato mondiale, ma possono essere descritte come una società di stati sovrani, che non riconoscono un potere superiore comune ma mantengono rapporti in cui la diplomazia e il diritto hanno un ruolo non accessorio e non solo strumentale, perché esprimono l’adesione a un ordine condiviso. Bull ha anche coniato i due termini che hanno segnato il dibattito interno alla scuola inglese dal 1989 a oggi. Il solidarismo è la posizione di chi ha scommesso su una svolta cosmopolitica delle relazioni internazionali e, lungo questo sentiero, è arrivato alla dottrina della responsibility to protect, secondo cui l’intervento umanitario non è solo un diritto ma un dovere della comunità internazionale. Il pluralismo è la posizione di chi invece ritiene che, di fronte alla complessità morale delle situazioni, sia più prudente attenersi al principio di non-intervento, accettando che nella società internazionale odierna non vi è consenso sulle questioni etiche e che il diritto internazionale deve preservare il senso dei limiti reciproci tra gli stati. Entrambe le posizioni confermano un aspetto tipico della scuola inglese, che contro ogni illusione di avalutatività della conoscenza rivendica il ruolo del giudizio nella teoria come nella prassi. Il libro di Castellin è una preziosa guida a una tradizione di pensiero che ha molto da dire anche in Italia.
SOCIETÀ E ANARCHIA
Luca G. Castellin
Carocci, 179 pp., 19 euro