recensioni foglianti
Lezioni milanesi
Emanuele Severino
Mimesis, 194 pp., 15 euro
Il termine è di conio agostiniano: nichilista per il santo cristiano è il non credente, l’anima smarrita nell’idea che nulla esista oltre la materia. Non ci vuole una gran fantasia per immaginare che non gli piacerebbe la celebrità postuma dell’infelice locuzione. Ma tant’è: ciò che al suo tempo era un obbrobrio nel nostro s’è fatto vanto. Si fa per dire. Ancora nell’Ottocento tollerante e borghese alcuni storici della letteratura accusarono Leopardi del colpevole orrore di non credere a nulla. L’accusa nel frattempo si era accomodata in politica e in filosofia. Per Carlo Cattaneo nichilista era appunto una foggia smidollata di intendere quest’ultima, trasformandola “in un’arte di imbelli”. Poi venne il turno degli anarchico-libertari alla Bakunin e di lì il nichilismo passò a coronarsi d’alloro sui cupi altari di Dostoevskij, quindi emigrò nella speculazione di altri immortali, Nietzsche e poi Heidegger.
Ce ne sarebbe già abbastanza per una storia dell’idea del nulla, se non fosse che dall’assolata Italia qualcuno ha ribaltato i termini della questione, peraltro patendo pesanti fraintendimenti. Da mezzo secolo Emanuele Severino va discettando e scrivendo delle antinomie della filosofia occidentale, dal principio di non-contraddizione di Aristotele alla radicalità ontologica di Parmenide di Elea. Verrebbe da dire tuttavia che il più radicale è proprio Severino, il quale mette sul banco degli imputati il pensiero occidentale tutto intero, ribadendo di nuovo le sue posizioni in un ciclo di conferenze del biennio 2015-2016, poi raccolte in questo libro.
Perché per Severino il nichilismo non è assimilabile tanto al pessimismo o all’ateismo, nell’azzeramento di ogni prospettiva ultraterrena, quanto alla concezione ontologica, pertanto inaccessibile ai non filosofi, secondo cui ciò che è in verità è niente. Si perdoni il calembour, meglio ricapitolare: la cosa che noi soppesiamo è una cosa solo in apparenza, dunque in essenza non è. Perché muta e perisce. Il nichilismo sarebbe insomma un’illusione svelata, quella di predicare il nulla. Difficile? Certamente, proprio per questo è filosofia, dura e cruda, e pazienza se non la si capisce. Il nichilismo dunque non è un atteggiamento nei confronti dell’esistenza, è la follia inconsapevole insita nell’idea di poter identificare l’ente e il niente. E se ci si sente spaesati, ci si può consolare pensando che Severino di “terra” scrive e parla, poiché si tratta di ciò che viene dal nulla e vi ritorna, perché è appunto divenire. E’ un po’ da emicrania: spesso è meglio non sapere a che punto di perdizione ci si trova. Ma è questa la condizione umana. E se potessimo affermare che quello di Severino è un nuovo umanesimo, lo faremmo. Di certo il suo è un pensiero autonomo, geniale. E se parte dagli assiomi di qualcuno, quel qualcuno è vissuto duemilacinquecento anni fa e il suo approdo è diverso rispetto a quello di qualsiasi altro Ulisse filosofico.
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Mimesis, 194 pp., 15 euro
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