recensioni foglianti
Gregorio VII
Glauco Maria Cantarella
Salerno, 352 pp., 24 euro
Credevamo di conoscerla, la storia di Gregorio VII: il monaco di Cluny che, eletto Papa, porta al cuore della chiesa l’opera di riforma intrapresa due secoli prima dal suo ordine e afferma l’autorità papale sull’imperatore, costringendolo all’umiliazione di Canossa. Ma la biografia che gli dedica Glauco Maria Cantarella, una delle massime autorità in materia, spiega che non è andata proprio così.
Tanto per cominciare, che Ildebrando di Soana fosse monaco è (quasi) certo; cluniacense, molto meno, già che l’unica fonte che lo attesta è per molti versi inaffidabile: più probabile che il suo autore cerchi, a cose fatte, di affibbiargli un’appartenenza che nobiliterebbe l’ordine. L’episodio di Canossa è incontestabile; ma quanto più sfumato e complesso è il quadro in cui si colloca di come siamo soliti rappresentarcelo… Impossibile ricordare qui la miriade di personaggi coinvolti nella vicenda, ciascuno intento a perseguire i propri interessi spirituali o mondani; impossibile riassumere il groviglio di volubili alleanze, di schermaglie diplomatiche, di lotte sanguinose che fanno da cornice al duello e che si estendono dai Pirenei alla Boemia, dalla Manica alla Sicilia e a Costantinopoli; impossibile soprattutto riproporre la ricchezza delle fonti che Cantarella offre, mettendole in dialettica fra loro, interrogandole in profondità, saggiandone l’affidabilità – in una parola, facendo davvero il mestiere dello storico.
In estrema e riduttiva sintesi, si può solo accennare a qualche fattore. Il quadro della chiesa che Papa Gregorio si trova davanti è desolante: la simonia – come si diceva allora, ovvero l’allegra compravendita di cariche ecclesiastiche – è all’ordine del giorno e universalmente diffusa; vescovi e abati hanno i loro eserciti personali, che mettono al servizio di questo o di quel potente, a seconda delle convenienze; prelati deposti o scomunicati continuano tranquillamente a esercitare le proprie cariche, infischiandosene degli anatemi papali; i legati pontifici che quei dettati dovrebbero far rispettare hanno bisogno di consistenti scorte armate per non rimetterci la pelle; e così via. In questo sconquasso, Gregorio si appella a una dottrina antica – tutti i suoi documenti sono pieni di riferimenti ai Padri e alle autorità riconosciute – ma prima di lui mai applicata con tanta determinazione: l’assoluta autorità del Pontefice su ogni cristiano, ecclesiastico o laico. Al tempo stesso, il Papa è pragmatico: dovunque può cerca alleati, accordi, compromessi. Ma non è sufficiente: alla fine, dopo essere stato assediato a Roma da Enrico e dopo che la città eterna è stata messa a ferro e fuoco dal suo stesso liberatore, il re normanno Roberto il Guiscardo, Grego-rio muore in esilio. E sembra che tutti si affrettino a cancellarne la memoria. “La memoria, non le acquisizioni del suo pontificato”, chiude però Cantarella: “Senza Gregorio, non si sarebbe arrivati alla fondazione della chiesa moderna”. La cui spina dorsale, para-dossalmente, è l’eredità di un Papa sconfitto.
GREGORIO VII
Glauco Maria Cantarella
Salerno, 352 pp., 24 euro
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