recensioni foglianti
Il vizio di smettere
Michele Orti Manara
Racconti, 170 pp., 14 euro
Siamo tutti persi dentro le pieghe di qualche paura, di qualche incertezza. Davanti allo schermo di un computer, per strada, alla fermata del tram, seduti sul divano, prima o poi arriva il momento in cui ci chiediamo: tutto qui? Era così che immaginavo la mia vita? Era questa la fine che pensavo di fare?
Nei sedici racconti molto belli e amari che compongono Il vizio di smettere di Michele Orti Manara (uscito per Racconti edizioni, la piccola casa editrice coraggiosa che ha da poco ripubblicato Fantasie di stupro di Margaret Atwood) c’è molta di quella vita piena di domande silenziose.
Facendoci strada tra le storie incontriamo una madre iper ansiosa, forse in depressione post partum; amici che provano a innamorarsi ma non ce la fanno; amici che aspettano che l’amico della vita torni dal Brasile e devono rassegnarsi al fatto che non succederà; scrittori delusi; una donna che pensa di essere seguita; una coppia lesbica che ha avuto un bambino da poco; un sicario demotivato; un presentatore televisivo; un ragazzo che non piace alla gente; un uomo delle pulizie che porta un nome da aristocratico indiano (e magari in segreto lo è); una vecchina; un ragazzo con dei fili che gli escono dai polsi e vanno a finire in cielo; un uomo che parla con un gatto (e forse sarebbe meglio dire, perché è questo il bello, che il gatto gli risponde). Persone che all’apparenza non hanno niente in comune, ma in realtà hanno una cosa importante a tenerle unite: un buco di tristezza al centro del petto. Un bozzo di inquietudine che li sorveglia acquattato sul comodino.
Hemingway diceva che un buon racconto deve mostrare solo la punta dell’iceberg. Che lo spessore e la bellezza di una storia non derivano tanto da ciò che nella storia viene mostrato, ma da tutto quello che lo scrittore sa di quel personaggio, di quell’esistenza, e sceglie di omettere. Tutti e sedici questi racconti potrebbero essere studiati in un manuale. Alcuni sono pennellate velocissime, eppure la sensazione è sempre quella che lì sotto ci sia molto di più. Si rimane incantati sia dal poco che vediamo sia dal molto che non sappiamo, perché tutte le persone raccontate qui sono più vive che mai. Prendete Alex di Jack Frusciante è uscito dal gruppo, lasciatelo diventare adulto, rendetelo più cinico e disilluso, e otterrete qualcosa di simile alla voce che si sente in queste pagine. Michele Orti Manara nella vita di tutti i giorni fa un mestiere prestigioso: lavora in Adelphi, e cura la comunicazione online della casa editrice. Il timore, prendendo in mano questo libro (che è anche un oggetto bello: sono belli la copertina, il formato, la carta) era che potesse essere l’ennesima prova di scrittura di un lavoratore intellettuale: libri di cui siamo già pieni, e da cui anzi servirebbe una tregua. La sorpresa, invece, è stata scoprire che in questo caso si è davanti a uno scrittore vero. Il desiderio è quello di recuperare subito tutto ciò che ha scritto (il suo primo libro, Topeca, è uscito nel 2015 per Antonio Tombolini Editore), leggere anche quello, e poi sperare che Orti Manara continui a scrivere a lungo.
IL VIZIO DI SMETTERE
Michele Orti Manara
Racconti, 170 pp., 14 euro
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