La grande convergenza. Tecnologia informatica, Web e nuova globalizzazione
Richard Baldwin
il Mulino, 328 pp., 28 euro
Nel corso della storia dell’umanità, il luogo della produzione e quello del consumo sono stati quasi sempre coincidenti. La globalizzazione è quel processo che ha “spacchettato” i due momenti, mettendo in comunicazione mercati lontani. Certo, anche gli antichi commerciavano. Ma furono le invenzioni del XVIII e XIX secolo a far precipitare i costi del trasporto di beni. L’incremento dei commerci coincise con l’industrializzazione e la crescita di alcuni paesi – tra cui Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania – mentre altri rimanevano al palo. Questa “grande divergenza” tra nord e sud del mondo è forse la ragione per cui la globalizzazione gode oggi di pessima stampa. In realtà quei paesi non si arricchirono a spese di altri. Semplicemente, il ciclo di innovazione e crescita innescato li portò a un livello di ricchezza sconosciuto al resto del mondo.
Ma la narrazione di Baldwin non finisce qui. L’esplosione del web e delle Ict ha reso possibile un secondo spacchettamento, quello delle conoscenze. Se prima la delocalizzazione riguardava quasi esclusivamente il momento manifatturiero, per via del costo inferiore della manodopera, adesso riguarda il know-how, le conoscenze di management o marketing, sempre più rilevanti nella creazione di valore. E così, le catene del valore si internazionalizzano. La dispersione del know-how nei paesi in via di sviluppo “rende molto più produttiva la manodopera non qualificata, il che ne stimola la domanda da parte dell’industria e (…) ne eleva il reddito”.
Il vantaggio comparato di Ricardo travalica ora i confini nazionali, sfruttando fonti di competitività distribuite su più paesi. Le competenze manageriali del Giappone possono unirsi ai processi manifatturieri della Thailandia, generando nuovo valore. La ricchezza globale aumenta, più paesi ne partecipano: dagli anni 90 in poi, Polonia, India, Indonesia, Thailandia e altri innescano una spirale virtuosa di crescita senza precedenti.
La globalizzazione non è il mostro che viene dipinto. I suoi effetti sono imprevedibili, ma politiche attente – specialmente nei paesi in via di sviluppo – possono catturarne gli effetti positivi. In che modo? Uscendo dalla logica che privilegia le imprese nazionali e ragionando in termini di partecipazione alle catene globali del valore. In altre parole, creando un ambiente che attragga le imprese estere, favorendo la creazione di “buoni” posti di lavoro, spostando cioè il carico occupazionale su attività knowledge-intensive.
Né la storia finisce qui, perché un terzo spacchettamento è all’orizzonte. Se la tecnologia ha ridotto i costi del trasferimento di beni e conoscenze, un domani – con telerobotica e la presenza virtuale – ridurrà quelli del trasferimento dei lavoratori. E anche allora ne vedremo delle belle.
La grande convergenza. Tecnologia informatica, Web e nuova globalizzazione
Richard Baldwin
il Mulino, 328 pp., 28 euro
Una fogliata di libri