recensioni foglianti
Trascurate Milano
Luca Ricci
La nave di Teseo, 86 pp., 9 euro
Sarà per via di Dino Buzzati, evocato nel titolo e nell’esergo (“Onestamente: trascurate Milano, evitatela nei viaggi d’istruzione”), sarà per via di Philip Roth nascosto eppure ben visibile, ma ecco una storia di solitudine e sesso non pruriginosa e non edificante, lontana da moralismi e moraline, che se ne infischia di essere corretta e di accudire i lettori. Ci sono un uomo, alcune donne e tutte le relazioni possibili tranne l’amore, oppure, invece, l’amore è dappertutto, se cominciamo a considerare amore il posto dove ci porta il corpo. Con Trascurate Milano Luca Ricci ci regala una delle sue novelle più riuscite: un uomo come tanti, come tutti, ha sia una moglie che un’amante, ma soprattutto ha in corpo un’infinita dose di asettica disperazione. La città, in superficie, si avvicina alle feste, ma lui prende la metropolitana, scende negli abissi, sente i corpi delle persone, se li sente addosso. Uno, in particolare: quello di una ragazzina, studentessa all’università. Averle messo le mani ovunque è istinto, ma non è previsto che lei lo lasci fare. Che lo incoraggi, lo provochi, con pochissimi gesti, pochissime mosse: quell’assenso diventa il fattore scatenante di una fulminea ossessione. Con uno sguardo altrettanto freddo e disperato di quello del suo molestatore, le cuffiette alle orecchie, un invito a continuare buttato lì senza apparenti emozioni, una sensuale passività nel sottomettersi, un accondiscendere che è decidere, scegliere, volere, questo personaggio femminile è del tutto femminista (chissà se lo sa, Luca Ricci, che pensa di aver scritto una novella ambientata nel cervello di un uomo, di aver scritto una novella femminista) nell’autodeterminarsi e nel saper trattare il sesso come un marchingegno e una funzione. Sono, lui e lei, due personaggi in fuga dal male di esistere, e cercano l’eccitazione per quello che è: la vita, concentrata al suo massimo. Un inganno momentaneo per deviare alla noia e far finta di aver fregato la morte. Nel romanzo precedente (Gli autunnali, sempre pubblicato dalla Nave di Teseo) Ricci aveva dissezionato la quotidianità del ménage coniugale: lì c’era un uomo che non riusciva più a far l’amore con la moglie, ancora bella e fascinosa ma messa in un angolo dalla routine che uccide ogni forma di desiderio (non siamo fatti per desiderare ciò che già abbiamo), qui il matrimonio è un opaco orizzonte e la routine da cui evadere è quella con l’amante storica, fatta di appuntamenti tutti uguali in formato day use (l’hotel che li ospita, pagato per poche ore). E’ lei la seconda moglie, come da tradizione italiana del novecento: l’amante ufficiale. E’ quello, stavolta, il matrimonio da cui fuggire. Questa novella la leggerete in un’ora e tornerete a pensarci stappando lo spumante in mezzo a familiari tra cui vi sentirete estranei, andando alla messa di mezzanotte mentre pensate ad altro, spacchettando regali che butterete via: “Siamo pessimi, ce ne stiamo qui come due massoni a cospirare contro il Natale, contro l’amore”, si dicono i due amanti di lungo corso mentre in hotel mettono in scena la replica farsesca di Natale in famiglia, e noi non sappiamo più se è la vita che imita la buona letteratura oppure viceversa.
TRASCURATE MILANO
Luca Ricci
La nave di Teseo, 86 pp., 9 euro