recensioni foglianti
Altre menti
Peter Godfrey-Smith, Adelphi, 304 pp., 22 euro
Provate un po’ a raccontare ai vostri amici che state leggendo un libro sulla psicologia dei polpi. Riceverete anche voi sguardi di perplessità e scetticismo, magari qualche sbadiglio. Figuriamoci se a scriverlo è un filosofo, benché si tratti di un affermato epistemologo. Perché mai la filosofia dovrebbe impicciarsi di quello che dice la scienza su un argomento tanto specifico e circoscritto quanto il comportamento dei cefalopodi? Ce lo spiega Godfrey-Smith: “La buona filosofia è opportunistica; si serve di qualsiasi informazione, di qualsiasi strumento sembri utile”. Persino di un comune polpo? Ebbene sì.
In psicologia comparata quello dei cefalopodi è un caso non facile da inquadrare e perciò particolarmente istruttivo. Il loro sistema nervoso presenta all’incirca 500 milioni di neuroni, più di tutti gli altri invertebrati e vicino al livello dei cani. Non meno complesso è il comportamento osservabile. I polpi sono stati visti mentre aprivano barattoli per raggiungere il cibo all’interno, e aprirli dall’interno per scappare; utilizzare oggetti per i propri scopi (ad esempio gusci di noce per mettersi al riparo); se in cattività, tentare di evadere mentre il guardiano è distratto. Ma la capacità forse più strabiliante è “l’interazione fine a se stessa con alcuni oggetti”, cioè il gioco: i cefalopodi del Seattle Aquarium sono stati sorpresi a spostare dei flaconcini facendoli rimbalzare contro il getto d’acqua proveniente dalla valvola d’ingresso della vasca.
Se immaginiamo l’evoluzione del vivente come una linea che va inesorabilmente dal semplice al complesso, della sofisticata intelligenza dei polpi non sappiamo bene cosa farcene. Ma l’evoluzione somiglia più a un cespuglio, in cui ogni ramo costituisce un esperimento separato e irripetibile, una relazione unica tra organismo e ambiente. Ai cefalopodi è toccata un’intelligenza adattativa, una curiosità e una capacità di interagire con la novità apparentemente senza eguali tra i non vertebrati, e non solo.
Ma è toccata anche una coscienza? Possiamo attribuire un’esperienza soggettiva, un punto di vista in prima persona, al polpo della nostra insalata di mare? Proprio lo studio di questi animali suggerisce in effetti che domande del genere sono necessariamente rivolte, almeno dalla nostra prospettiva, a “zone d’ombra e aree grigie” difficili da illuminare di luce piena. Chiedersi se il polpo sia cosciente o se l’ape abbia la capacità di ricordare sono domande che non ammettono risposte tutto-o-nulla. Quando ha avuto origine la coscienza? Forse il massimo che possiamo ottenere è la conferma del fatto che ogni mente racchiude un mondo unico e inaccessibile. Nella psicologia animale, più che in altri campi, chiarire in cosa consiste la nostra ignoranza potrebbe essere la forma di conoscenza più alta che ci è dato raggiungere.
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Adelphi, 304 pp., 22 euro
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