recensioni foglianti
Rileggere Ortega y Gasset in una prospettiva sociologica
A cura di Maria Caterina Federici e Luciano Pellicani, Meltemi, 260 pp., 24 euro
Chi continua a pensare che Ortega sia stato solo un filosofo commette un grave errore e si lascia sfuggire quello che è il nucleo più sostanzioso del suo pensiero. E questo perché la sua opera più matura, L’uomo e la gente, è un trattato di sociologia in cui si trova una teoria dell’azione sociale di gran lunga più valida di molte – compresa quella, tanto conclamata quanto fuorviante, di Weber – tra quelle che godono del favore della comunità internazionale degli scienziati sociali”. Tali considerazioni di Luciano Pellicani indicano con chiarezza lo scopo e la prospettiva di questo libro da lui curato insieme a Maria Caterina Federici: guardare a José Ortega y Gasset, il celebre pensatore spagnolo vissuto fra il 1883 e il 1955, non soltanto come a un filosofo situato al confine fra pragmatismo ed esistenzialismo, ma come a un maestro della sociologia contemporanea troppo spesso dimenticato e sottovalutato. Oltre a quelli dei curatori, il volume accoglie dodici contributi tendenti a far luce su vari aspetti del pensiero sociologico orteghiano. Un intervento particolarmente significativo reca la firma di Lorenzo Infantino, che esamina il rapporto tra l’intellettuale iberico e il liberalismo. Inizialmente, sulla scia di Herman Cohen, uno dei maggiori esponenti del neokantismo che molto influì sulla sua formazione, Ortega aderì con entusiasmo al socialismo, attribuendo a esso un indiscutibile primato morale. Tuttavia, ben presto si rese conto dell’impossibilità di far convivere le istanze socialiste e l’idea liberale che pur gli stava molto a cuore. Il percorso che condurrà Ortega dal socialismo al liberalismo troverà pieno compimento nella celebre opera La ribellione delle masse, pubblicata nel 1930, nella quale si legge tra l’altro: “La forma che nella politica ha rappresentato la più alta volontà di convivenza è la democrazia liberale … Il liberalismo è il principio di diritto in forza del quale il potere pubblico … limita se stesso e procura… di lasciare posto nello stato che esso dirige, perché vi possano vivere coloro che pensano e sentono diversamente dai più forti, cioè dalla maggioranza. Il liberalismo … è la suprema generosità: il diritto che la maggioranza concede alle minoranze ed è pertanto il più nobile appello che abbia risuonato nel mondo”. Certo – e Infantino lo mette bene in luce – l’accettazione orteghiana del liberalismo non è semplicistica, ma fa onestamente i conti con la complessità dell’ideologia liberale che ha conosciuto numerose differenti interpretazioni. Una questione particolarmente delicata è quella che riguarda il rapporto fra democrazia e sistema liberale, che Ortega ha discusso giungendo alla conclusione che il liberalismo impedisce l’affermazione di una “democrazia illimitata”, quella, cioè, che conduce all’assolutismo maggioritario.
Peraltro, come ricorda Infantino, di ciò si era accorto anche il grande Aristotele, il quale nella Politica afferma che “l’estrema forma di democrazia è tirannide”.
RILEGGERE ORTEGA Y GASSET IN UNA PROSPETTIVA SOCIOLOGICA
a cura di Maria Caterina Federici e Luciano Pellicani
Meltemi, 260 pp., 24 euro
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