recensioni foglianti
L'umanità in tempi bui
Hannah Arendt
Cortina, 844 pp., 10 euro
Il 28 settembre 1959 la città di Amburgo conferì il prestigioso premio Lessing ad Hannah Arendt, una delle maggiori pensatrici del XX secolo, già molto nota per aver pubblicato opere di grande valore come Le origini del totalitarismo e Vita activa, e che quattro anni più tardi darà alle stampe il suo scritto più celebre, La banalità del male, originato dalla sua partecipazione al processo contro il criminale nazista Adolf Eichmann. In occasione del riconoscimento tributatole dalla città anseatica, Arendt, allora cinquantatreenne, pronunciò un importante discorso, recante il titolo L’umanità in tempi bui. Riflessioni su Lessing, che mantiene una viva attualità, che, a giudizio di Laura Boella, autrice dell’Introduzione al testo arendtiano, non hanno conservato molte opere e numerose idee di filosofi quali Marcuse, Fromm, Lukács, Bloch e Adorno. E’ presente, nella Arendt, una straordinaria capacità “di tradurre in pensiero e in scrittura il proprio vissuto”: è un’attitudine che si manifesta chiaramente anche nel discorso pronunciato ad Amburgo, il cui tema di fondo concerne il rapporto fra le personalità ricche di elevate doti intellettuali e il tempo in cui vissero. Alcuni hanno lasciato tracce importanti, altri sembrano scomparsi nei flutti della storia. La luce dell’Illuminismo, di cui il tedesco Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781) fu un esponente di primissimo piano, si è trasformata nel buio dei tempi oscuri del Novecento. Come porsi dinanzi a questo rovesciamento? Arendt non giudica irrimediabile la sconfitta e insuperabile lo scoraggiamento, ma cerca di aprire un pertugio che Laura Boella così sintetizza: “L’Illuminismo e la sua fiducia nell’umano non sono dunque irrimediabilmente lontani solo se si compie un arduo cammino di riscrittura e di ripensamento, il cui esito, pare di capire, dovrebbe essere un difficile universalismo e umanismo nella storia ridotta a un campo di rovine”. A questo punto è proprio Lessing a soccorrere Arendt, che individua nel celebre dramma lessinghiano Nathan il saggio due appelli decisivi, che suonano nei termini seguenti: “Basta essere un uomo” e “Sii amico mio”. Proprio l’amicizia può diventare la lampada che dirada l’oscurità del tempo presente, facendosi anche compassione e altruismo, atteggiamenti che per la filosofa tedesca hanno pure un’indubbia valenza politica. Non casualmente, a questo proposito, Arendt cita la propria sofferta esperienza di ebrea costretta a fuggire e ad assistere alla persecuzione scatenata contro il suo popolo. “Per i greci – scrive Arendt – l’essenza dell’amicizia consisteva nel discorso. Essi sostenevano che solo un costante scambio di parole poteva unire i cittadini in una polis. Nel discorso si rendevano manifeste l’importanza politica dell’amicizia e l’umanità che la caratterizza”. Sicuramente anche i greci vissero tempi bui: ritennero di poterli superare mediante la filantropia che è l’“umanità che si realizza nel dialogo dell’amicizia”, manifestazione della “disponibilità a condividere il mondo con altri uomini”.
L'UMANITÀ IN TEMPI BUI
Hannah Arendt
Cortina, 844 pp., 10 euro
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