recensioni foglianti
La principessa e i goblin
George MacDonald
Lindau, 216 pp., 16,50 euro
L’autore d’un celebre armadio magico varcò a sua volta una frontiera fatata, scovando un romanzo su una bancarella di libri usati, quand’era ancora giovane. L’ambientazione, i cavalieri e gli incantesimi erano quelli che amava da sempre, sebbene immersi in un’atmosfera misteriosamente diversa: “Era la santità”. George MacDonald “tenne a battesimo l’immaginazione” del creatore di Narnia, ma la sua influenza ottenne riconoscimenti non meno significativi, seppure diversi per valutazione, da Tolkien e Ursula Le Guin, Auden e Sylvia Plath. Singolare figura di predicatore scozzese, che sempre a giudizio di Lewis sapeva essere dorato come Traherne e severo come L’Imitazione di Cristo, il vittoriano MacDonald sosteneva l’universalismo della salvezza celeste, il progressivo riassorbimento dell’ombra della ribellione nella luce gioiosa dell’obbedienza, e una simile credenza pervade anche le sue fiabe e romanzi fantasy, che ereditano, trasmettono e variano il romanticismo tedesco e l’allegorismo spirituale di Spenser e Bunyan, senza che quest’ultimo costituisca mai un mero cruciverba moralistico: “Il racconto esiste non tanto per trasmettere un significato quanto per ridestare un significato. Se non ridesta nemmeno un interesse, allora gettatelo via. Può esserci un significato, ma non è per voi. Se, ancora, non riconoscete un cavallo quando lo vedete, il nome scritto sotto non vi servirà a molto”. Lindau meritoriamente ripubblica una delle sue fiabe più celebri, l’avventura d’una piccola principessa e un giovane minatore, il segreto d’una trisavola fatata e un anello magico, tra le vette d’una torre luminosa e le tenebrose viscere della terra, regno di grotteschi e comici goblin che eserciteranno un peso significativo per l’opera di Tolkien, dall’analogo regno nelle sue Montagne Nebbiose a non pochi aspetti dello sventurato Gollum: “Chi aveva avuto occasione di avvistarli diceva che nel corso delle generazioni erano profondamente cambiati; e non c’era da stupirsi dato che vivevano ben lontani dal sole, in luoghi freddi, umidi e bui. Erano diventati non soltanto brutti nel senso più comune del termine, ma assolutamente orrendi o ridicolmente grotteschi sia nel corpo sia nel volto”. Un racconto dai colori accesi che fa desiderare lunghe notti invernali, un camino e due occhi infantili in ascolto rapiti mentre leggiamo ad alta voce (e poco importa che si trovino fuori o dentro di noi), la storia suggestiva d’un bene credibile, capace di andare incontro a ciò che è difficile, dalla battaglia per salvare un regno alla cortesia verso gli sconosciuti: “Che la principessa fosse una vera principessa si capisce con chiarezza in circostanze come questa, giacché non rimase impalata a guardarla, abbarbicata alla maniglia della porta come avrebbero fatto certe bambine che conosco e che in teoria dovrebbero essere principesse e in realtà sono soltanto fanciulle plebee. Lei fece come le era stato detto, entrò nella stanza senza esitare e si chiuse piano la porta alle spalle”.
LA PRINCIPESSA E I GOBLIN
George MacDonald
Lindau, 216 pp., 16,50 euro
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