recensioni foglianti
Il tempo dei lupi
Riccardo Rao
Utet, 256 pp., 18 euro
Non è un animale come gli altri, il lupo. Se stiamo alla realtà dei fatti, è un predatore relativamente pericoloso per gli animali domestici, raramente letale per gli esseri umani. Ma il lupo reale è sempre stato accompagnato dal suo doppio fantastico: “Le testimonianze letterarie ingigantiscono le morti causate dal lupo oppure conferiscono all’animale poteri magici. Alla verità, ancorché cruda, si sovrappone un essere che trascende l’animale e che potremmo chiamare meta-lupo: l’‘altro’, il nemico da cui difendersi perché raccoglie e mette a nudo gran parte delle paure collettive”. Così “in passato, il brigante, la prostituta, la strega o l’eretico venivano chiamati ‘lupi’ e talvolta ritenuti, per credenza popolare, licantropi”. Oppure nei lupi “possiamo scorgere noi stessi, soprattutto nelle loro caratteristiche più umane. Come l’uomo, il lupo costruisce una società che si fonda sulla famiglia, formata da due capostipiti fedeli per la vita. Con la stessa crudeltà degli uomini, è capace di isolare alcuni individui bandendoli e costringendoli a vivere come solitari. La sua capacità di cacciare in gruppo ha fatto sì che società aristocratiche dei secoli passati gli si siano ispirate. Come noi, sa ragionare e imparare: è intelligente e tenace”. E così via.
Intrecciando storia biologica, culturale e sociale, Riccardo Rao, docente di Storia medievale a Bergamo, ripercorre la vicenda millenaria del lupo, cercando di chiarire i nessi che connettono e distinguono reale e immaginario. Scopriamo così che la grande paura del lupo non nasce, come penseremmo, nell’Alto medioevo, quando le foreste la facevano da padrone, perché in quell’ambiente la selvaggina abbondava e il nostro predatore aveva poco bisogno di avvicinarsi agli insediamenti umani. Piuttosto, quella fu l’epoca in cui, a partire dalle metafore evangeliche del gregge dei cristiani minacciato dai lupi, cominciò a prender corpo l’immagine del lupo come simbolo del male, che si sarebbe poi imposta in tempi successivi. Sono infatti i grandi disboscamenti iniziati alla fine del Medioevo e proseguiti per tutta l’età moderna che, togliendo ai lupi il loro habitat preferito, li hanno spinti a mettersi in caccia degli animali domestici, in primis le pecore transumanti, e a diventare un pericolo anche per gli umani. E’ perciò a quest’epoca che risalgono le immagini più terrificanti e anche deformate del lupo, dalle “bestie assassine” dalla spaventosa ferocia – inclusa una avvistata nel 1792 nei dintorni di Milano – agli inesistenti lupi mannari; ed è questa l’epoca della grande caccia al lupo che ha finito per portarlo vicino all’estinzione. Negli ultimi decenni però il trend si è invertito, e grazie alle politiche di ripopolamento il numero dei lupi in Europa si è moltiplicato. C’è da tornare ad aver paura? No, sostiene Rao: se non è messo in difficoltà, il lupo è il grande spazzino dei boschi, contribuisce a mantenere un equilibrio tra le specie che favorisce anche la vegetazione, e gli umani preferisce evitarli.
IL TEMPO DEI LUPI
Riccardo Rao
Utet, 256 pp., 18 euro