recensioni foglianti

Mars Room

Gaia Montanaro

Rachel Kushner
Einaudi, 344 pp., 20 euro

Lottare per sopravvivere, non per vivere. E’ tutto quello che è concesso nel penitenziario femminile di Stanville – Los Angeles – dove è rinchiusa Romy, ex spogliarellista condannata a due ergastoli per aver massacrato a colpi di spranga Kurt Kennedy, un cliente del Mars Room – il locale dove lei lavorava. Kurt aveva sviluppato una vera a propria ossessione per la ragazza e aveva cominciato a perseguitarla. Anche adesso, dopo la sua morte, nei pensieri di Romy continua a farlo. L’unica via per sopravvivere alle rigide regole – scritte e non – del carcere è dissimulare, in ogni istante. Rimanere lucidi, non abbassare la guardia, non permettere a niente e nessuno di intuire una verità su di te. “In ogni instante devi dare l’impressione di non riuscire a vivere con te stessa dopo quello che hai fatto. Non puoi sembrare annoiata, affamata o stanca. Puoi sembrare solo inesorabilmente colpevole, e così forse apparirai un po’ meno colpevole”. Ci sono molte donne che abitano il carcere insieme a Romy, che ne condividono il destino per motivi diversi ma sempre atroci. Vengono tutte da storie personali di dolore. E’ questo che hanno visto per l’intera vita ed è l’unica cosa che sono state in grado di replicare. Ma Romy ha un motivo in più per tentare di sopravvivere; si chiama Jackson e ha sette anni quando sua madre entra in carcere. Il pensiero di quel bambino tiene in vita sua madre che nella vita ha sbagliato quasi tutto ma non può certo rinnegare lui. Romy è vittima di un sistema giudiziario grossolano, forse addirittura di un errore di giudizio, in un mondo dove il denaro e la condizione sociale pesano come macigni. Ma non cerca vendetta. Cerca riscatto e la sua giustizia. In una realtà dove sono tutte vittime in gabbia, anche chi in carcere ci è entrato per scelta come Gordon Hauser, l’insegnante di quelle ergastolane, che a poco a poco si fa corrompere da quel luogo e ne rimane intrappolato. La Kushner, con una voce brutalmente onesta e tagliente, racconta una storia dura, scomoda e in certi punti difficile da sostenere. Con una ricerca meticolosa, quasi da inchiesta giornalistica, mette in scena la vicenda umana di tante donne disperate, che poco hanno ricevuto dalla vita e ancor meno sanno dare. Ma non ci sono sconti per nessuno, tutto viene raccontato con schiettezza e lucidità. I rapporti tra le ergastolane, il contrabbando, le risse, la violenza fisica e verbale. La bruttezza del mondo racchiuso nel microcosmo delle celle, dove non esiste più la differenza tra giusto e sbagliato, tra bene e male. Tutto si confonde perché manca il senso del vivere. Forse questo senso si era già smarrito nel Mars Room, il locale che dà il titolo al romanzo, e che sembra suggerire che lì possa esserci una chiave interpretativa. Un luogo marcio e degradante, che ha fatto da incubatore a un male successivo sempre più grande e che ha condizionato per sempre il corso dell’esistenza di Romy.
“La vita è i binari. E’ i suoi stessi binari e va dove va. Si traccia un percorso da sola. Il mio percorso mi ha portato qui”.

 

MARS ROOM
Rachel Kushner
Einaudi, 344 pp., 20 euro

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