Documenti, prego
Andrea Vitali
Einaudi, 120 pp., 13 euro
Messe da parte, spazzate via le ambientazioni di provincia e le rassicuranti commedie degli equivoci – popolate da carabinieri, donzelle e giovani di belle speranze alle prese con piccoli contrattempi e paturnie d’amore – lo scrittore Andrea Vitali stupisce e prende in contropiede con Documenti, prego, un noir dal risvolto psicologico, pubblicato da Einaudi Stile Libero. Le etichette editoriali servono a non smarrirsi nel mare magnum delle novità e soprattutto in questo caso, ciò che conta, è il cambio di passo dello scrittore classe ’56 e originario di Bellano, ovvero l’intento – riuscito – di narrare una storia straniante e con uno sviluppo di trama a spirale, in cui realtà e finzione, sogno e incubo, si mescolano pericolosamente, rievocando i toni kafkiani, omaggiando apertamente l’autore de Il Processo. La vicenda è presto detta: in una notte come tante, su un’autostrada del nord, un’automobile trasporta tre funzionari di una ditta commerciale. Sono esausti e assonnati, puzzano di sigarette e desiderano tornare a casa. Fanno una pausa in autogrill, l’ultima prima della volata finale. E qui, fra bariste annoiate e camionisti letargici, basterà una piccola disattenzione per spezzare gli equilibri. La forma diventa sostanza. Dinnanzi alle richieste – apparentemente innocue, seppur puntigliose – di un uomo distinto che emana una pacata ed indiscutibile autorità (“il baffetto”), basterà un disguido, un cavillo violato, a spalancare le fauci della macchina giudiziaria per uno dei tre dirigenti. Si tratta di un uomo qualunque, con la fame del successo ma senza l’ossessione della carriera, brillante ma non eccezionale, uno di quei lavoratori che partono da casa all’alba, abituati a macinare chilometri, spezzando la tensione degli ordini ascoltando fiumi di barzellette alle cene aziendali. Un’esistenza in serie. Di colpo, quest’uomo come tanti si ritrova sul sedile posteriore di un’altra auto, in attesa che un controllo possa chiarire la sua situazione. Ma tutto è già cambiato. Vitali, autore prolifico già vincitore del Premio Bancarella e del Premio Hemingway, mescola i piani in una narrazione senza tempo, privandoci dei punti di riferimento fra realtà e mondo onirico, trasportandoci con una prosa sicura nelle maglie della macchina parastatale che poggia su una rigida quanto incomprensibile gerarchia, inscenando una discesa agli inferi, avallata da funzionari anonimi dietro asettiche scrivanie. Ciò che manca non è l’accusa ma la confessione di quest’uomo qualunque, necessaria e ineluttabile. Ma che colpa dovrà mai confessare? Si tratta davvero di un equivoco, di un pasticcio o forse di uno scambio d’identità, degno de L’uomo che guardava passare i treni di Georges Simenon? Andrea Vitali si concede uno strappo, una pausa. Ci sono ancora autori che hanno voglia di stupire i lettori con esperimenti e cambi di passo, prendendo distanza dai selciati già battuti con grande successo di vendita. E noi lettori non possiamo che esserne lieti.
Documenti, prego
Andrea Vitali
Einaudi, 120 pp., 13 euro
Una fogliata di libri
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