Viaggio a Echo Spring
La recensione del libro di Olivia Laing (il Saggiatore, 320 pp., 24 euro)
Gli scrittori, anche quelli più disinvolti e inseriti in società, devono in qualche modo essere degli outsider, se non altro perché il loro mestiere è quello di osservatori e testimoni”. Olivia Laing, come gli scrittori di cui parla in questo suo ultimo libro che è a cavallo tra il saggio letterario e il diario autobiografico, ci restituisce proprio un punto di osservazione, un’angolazione personale in perfetto equilibrio tra il distacco critico e il trasporto emotivo. E’ questo il pregio maggiore di un saggio che si sofferma sul rapporto tra un gruppo di grandi scrittori americani e l’alcol, provando a indagare ciò che sta sotto la superficie delle cose. O meglio, sotto la superficie della scrittura. “Su sei americani che hanno vinto il premio Nobel per la Letteratura, quattro erano alcolisti. E circa la metà dei nostri scrittori alcolisti ha finito per suicidarsi”. Da questo semplice dato, messo in luce da Lewis Hyde, si parte quindi per scandagliare le biografie di Fitzgerald, Hemingway, Tennessee Williams, Cheever, Berryman e Carver (con qualche incursione anche nella vita di Faulkner, Capote, Schwartz, Lowell e Dylan Thomas) provando a mettere in luce gli elementi di raccordo nel rapporto tra questi autori e l’alcol.
La Laing intraprende quindi un viaggio – che è sia fisico in diverse città americane sia metaforico – partendo da Echo Spring, nomignolo dato all’armadietto dei liquori e prima ancora marca di bourbon presente ne La gatta sul tetto che scotta. Lo fa anche per un motivo personalissimo – l’essere cresciuta in una famiglia di alcolisti – e per questo ciò che racconta appare così preciso e in qualche modo processato.
C’è grande lucidità e accuratezza nella scrittura che si accompagna però a una sorta di fervore. La Laing scrive di ciò che le sta a cuore, trasfigura il tema in un continuo travaso tra personale biografia e puntuale esemplificazione critica. Racconta di scrittori che, in modi spesso diametralmente opposti, sono abitati da un profondo senso di inadeguatezza emotiva e sociale. Autori che nonostante la loro indiscutibile grandezza non si sono mai sentiti abbastanza, costantemente inquieti e irrisolti, insoddisfatti e sempre in lotta. Come Cheever che non riusciva mai a liberarsi della sensazione di essere un impostore. O come Carver, costantemente tradito da una vita in cui il divario tra aspettative e realtà gli appariva sempre più incolmabile. “Avrò iniziato a bere seriamente dopo aver capito che le cose che avevo voluto di più al mondo, per me stesso, per la scrittura, per mia moglie e per i miei figli, non sarebbero mai arrivate”. La Laing non dà risposte definitive ma indaga, scoperchia il tema scandagliandolo. Senza paura ma affrontandolo. Provando a capire, a ricomporre i pezzi e osservarli nel loro insieme.
“La fame lui l’aveva di costituzione,
vino, sigarette, liquori, bisogno bisogno bisogno
finché non andò a pezzi.
Allora i pezzi si alzarono e scrissero”.
Olivia Laing
il Saggiatore, 320 pp., 24 euro
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