Il Mediterraneo in barca
La recensione del libro di Georges Simenon, Adelphi, 189 pp., 16 euro
È un insieme di volti senza nome questa raccolta di articoli che Simenon scrisse per il settimanale Marianne fra il giugno e il settembre del 1934. Sono i volti degli abitanti del Mediterraneo, degli indigeni incontrati nei porti in cui la nave su cui si era imbarcato aveva attraccato, da Porquerolles (meta prediletta dello scrittore) alla Tunisia, all’Elba, Malta e la Sicilia. Sono i volti degli scatti fotografici che Simenon realizza a corredo del suo reportage giornalistico e che testimoniano le tante storie che il grande scrittore francese ha lambito durante la sua navigazione. La domanda che raccorda i vari articoli – e che in qualche modo funge da fil rouge di tutta la raccolta – è cosa sia il Mediterraneo. Cosa, insieme a una determinazione geografica, connoti questo mare e – per estensione – chi su questo mare si affaccia.
Trasportato dal vento, che detta i tempi della navigazione, Simenon incappa in storie al limite della leggenda, dove ci sono donne a cui è stato letteralmente strappato via il cuore e uomini che si gingillano al sole di Hammamet. E poi ci sono le storie di emigrazione, di famiglie numerosissime i cui padri di famiglia cercano fortuna all’estero. Per cercare di vivere meglio, non solo per qualche pesce in più e per un’abitazione meno precaria. “Il Mediterraneo, quando emigra, porta con sé i suoi odori, le sue spezie, le sue chitarre e una schiera di cugini…”.
Simenon racconta le piaghe della prostituzione nei porti mediorientali e di Atene, la doppia natura di Malta “ombelico del Mediterraneo” ma con i cannoni sempre puntati nei quattro punti cardinali, la vita semplice dei pescatori dell’Elba e gli sfarzi – per lo più anglofoni – delle località di mare della Costa Azzurra. Annota usi e costumi che sono incastonati in un tempo e in un luogo preciso ma da scrittore/reporter ha la capacità di raccontare uno spirito, di cogliere ciò che sta dietro l’abito nero delle donne messinesi o le mani nodose e arse dal sole dei pescatori dell’isola d’Elba.
In questa sorta di lungo diario Simenon restituisce quell’attaccamento all’essenziale, alla vita semplice e scandita da rituali precisi e sempre uguali che la rende così desiderabile e piena di pace agli occhi dello scrittore. “Ci sono persone che vivono senza sapere di avere dei polmoni, che coltivano i loro campi senza conoscere le borse di Londra o di New York, che comprano asini senza preoccuparsi del loro rendimento in cavalli-vapore, che fabbricano vasi come al tempo dei greci, senza sospettare di star creando dei capolavori, e che mettono al mondo figli senza chiedere al governo se non sia il caso di farsi sterilizzare. Tutte queste cose forse un giorno gliele insegneremo…”. Anche questo è il Mediterraneo nello sguardo di uno scrittore.
“Il Mediterraneo è tante di quelle cose che, quest’oggi, mi sono permesso di filosofeggiare, ma vi prometto che d’ora in poi non mi dimenticherò mai più che il mio mestiere, come diceva Stevenson, è quello di “raccontatore di storie”.
Georges Simenon,
Adelphi, 189 pp., 16 euro