Storie del tè

Maurizio Schoepflin

Linda Reali
Donzelli, 290 pp., 25 euro

Anno 2737 a. C.: l’imperatore cinese Shen Nong, seduto all’ombra di un albero, sta facendo bollire dell’acqua in un recipiente. A un certo punto, una lieve folata di vento provoca la caduta di qualche foglia di quella pianta nell’acqua bollente, conferendole una lieve coloritura gialla e un profumo particolarmente gradevole. Qualche minuto più tardi, l’imperatore assaggia la bevanda rimanendone estasiato e trovandola divina nel sapore e nell’effetto che infondeva al corpo. Così, secondo un’antica leggenda, ebbe origine il tè, la cui storia lunga e gloriosa conterebbe dunque più di quarantasette secoli, una storia che Linda Reali ricostruisce con passione e competenza in questo libro davvero godibile. La prima fondamentale acquisizione che si ricava da tale narrazione è che il tè non è soltanto un liquido assai gradevole al palato, bensì una cultura densa di significati. Scrive a questo proposito l’autrice: “Se in Cina divenne fin dalla sua scoperta la bevanda del corpo e dello spirito, della fratellanza e della condivisione, in Giappone s’impone come ricerca della bellezza attraverso l’armonia e l’equilibrio. I maestri del tè sono guide spirituali e sociali”. Non casualmente, quando giunsero in oriente, i missionari cattolici rimasero letteralmente incantati dalla raffinatezza della cultura del tè, la quale, attraverso i loro resoconti colmi di meraviglia, incuriosì e affascinò le più agiate famiglie europee. Così, in breve tempo, il tè, al pari della seta, delle spezie e delle porcellane, diventa merce di scambio, ma anche ambasciatore di un mondo tanto lontano e misterioso quanto attraente e suggestivo. Certo – afferma la Reali –, una volta giunto in occidente esso perde alcune caratteristiche originarie e ne acquista di nuove, spesso collegate all’universo dei salotti e del lusso, della ricercatezza e dello sfarzo. Anche gli scienziati cominciano a interessarsi delle caratteristiche e delle proprietà di questa pianta. Tutto ciò fa sì che il tè diventi un prodotto grazie al cui commercio le Compagnie delle Indie ottengono notevoli guadagni.

 

Molto di più che in un qualsiasi semplice vegetale, nel tè si fondono numerosi e diversi elementi, che ne fanno addirittura un simbolo politico. Il 16 dicembre 1773, per protesta, 340 casse di tè vennero gettate in mare nel porto di Boston: l’evento, passato alla storia come il Boston Tea Party, rappresentò una delle prime forme di ribellione dei coloni americani contro il governo inglese, ritenuto colpevole di imporre loro una tassazione eccessiva. Fra i tanti che si sono occupati del tè spicca George Orwell, che nel 1946 ricevette l’incarico di scrivere un saggio sulla cucina anglosassone. Il testo, troppo critico nei confronti della tradizione alimentare inglese, non venne mai pubblicato. In esso, l’autore non lesinava critiche nei confronti dei suoi compatrioti, ma in fatto di tè non mostrava dubbi, riconoscendo ai sudditi di Sua Maestà una straordinaria capacità di distinguere un tè buono da uno cattivo.

 

Storie del tè
Linda Reali
Donzelli, 290 pp., 25 euro

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