Via dal mare
Ben Marcus
Black Coffee, 352 pp., 18 euro
Ben Marcus guarda il mondo dal futuro, e più ancora dall’imprevisto. Qui sta, in questo punto di osservazione che ha scelto, la ragione per la quale non scrive distopie, bensì destrutturazioni, talvolta semplici auspici. Si pone in avanti nel tempo e riscrive il nostro presente, che dalla sua postazione è il passato, con lo sguardo divertito di un forestiero che cerca di capire le stranezze di un paese nuovo e antico che visita, e del quale capisce presto di non voler sposare le abitudini. Edizioni BlackCoffee ha portato in Italia il suo romanzo L’alfabeto di fuoco, che una distopia l’aveva costruita, e adesso porta questi quindici racconti bizzarri, specie nella forma (un tempo si sarebbe detto “sperimentali”, ma per fortuna la sperimentazione in letteratura è diventata stantia). Racconti che parlano quasi sempre di famiglia, età adulta, linguaggio, corpo, e soprattutto cercano un modo di parlarne, scomponendoli e mescolandone i pezzi, così da disinnescare il controllo che hanno esercitato sulle nostre vite. Il Washington Post ha scritto: “Via via che procediamo nella lettura, la sensazione è quella di percorrere gradualmente la spaventosa cronologia di un imminente disfacimento sociale e politico dell’America”. Quanto s’ammoinano nell’esagerazione i critici americani, certe volte, uh, mamma. Magari è soltanto per geografia o stagione calda, ma da questa parte dell’oceano “Via dal mare”, in alcune pagine, pare persino sornione e più che un disfacimento imminente, racconta una possibilità emergente. Un modo diverso di vedere tutto, della vita, o almeno cosa c’è sotto la maschera dell’accettabilità che abbiamo messo su tutto. “Il corpo non è altro che l’annuncio di una futura scomparsa”; “la bocca è un dotto di fraintendimento”; “la carezza è una operazione di scavo”. Non è il racconto di un disfacimento, ma di uno sguardo che si libera e, così, s’allarga. “Voglio morire bambino, a stento capace di muovere un passo, perso in una nebbia di oggetti e persone che non potrò mai conoscere davvero: è questo il mio obiettivo”, dice una specie di scienziato che sta approntando un metodo per eliminare l’età adulta, con le sue restrizioni familiari, i suoi nomi univoci, la sua etica frustrante, e sostituirla con l’infanzia, l’età della scoperta e della fantasia. Un manifesto millennial perfetto, si direbbe: la fuga dall’età adulta, il posticipo perenne della responsabilità del prima e del dopo, l’incapacità di accettare che la fantasia non è un libro ma un foglio. Può darsi. Eppure, in ciascun racconto di Via dal mare si cerca un altro nome, che è sempre una possibilità diversa, e un nuovo destino, e l’inizio di una nuova èra. E’ una voce splendida questa di Ben Marcus, pugnace e nient’affatto spaventata o arresa. Creativa, ammesso che si possa ancora dire senza risultare stantii o ridicoli. Leggerlo in vacanza, dove tutto è allentato, meno pericoloso, e quindi si schiude, invitante, a una vista nuova.
Via dal mare
Ben Marcus
Black Coffee, 352 pp., 18 euro
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