In difesa della modernità
Alain Touraine
Raffaello Cortina, 306 pp., 26 euro
Gli estimatori di Alain Touraine avranno fatto un balzo sulla sedia. L’autore di un’opera dall’inequivocabile titolo Critique de la modernité (1992) ha pubblicato l’anno scorso un volume che capovolge quel titolo perfettamente. Cosa c’era nella modernità di così criticabile allora e di così encomiabile oggi? Per Touraine “modernità” è quel periodo della storia in cui le società hanno iniziato a essere consapevoli della loro capacità di creare se stesse, di utilizzare la conoscenza per plasmare il proprio futuro. Sennonché la promessa della ragione e della tecnica di migliorare la condizione umana ha trovato realizzazione soltanto per alcuni. La modernità non ha annullato la barriera tra “dominanti” e “dominati”, limitandosi a modificarne l’identità (i dominanti coinciderebbero con la classe politica ma anche, non sorprendentemente, con chi detiene i capitali). Una conclusione verso la quale è lecita una buona dose di scetticismo. La barriera sociale tra haves e have-nots esiste ancora, ma non riconoscere che essa è molto minore e assai più permeabile che in passato è un ingenuo errore di prospettiva storica.
Come che sia, ne nascerebbe un problema di “diritti umani fondamentali”, poiché, parafrasando, se quella promessa non si realizza per tutti, alcuni finiscono per essere condizionati dalle logiche della produzione e del potere, cioè non pienamente liberi. Una società che si regge su ragioni prevalentemente economiche finisce per essere preda di interessi particolari e conflitti, come starebbe a dimostrare l’avanzata dei sovranismi e l’ondata di politiche a difesa dei confini. Viceversa, “la forma più adatta alla difesa dei diritti umani” è ciò che Touraine chiama “universalismo”, ossia la presa di coscienza che esiste una pluralità di modelli individuali di pensiero e d’azione – nella sessualità, nella religione, nell’esperienza del proprio territorio – e che tale pluralità sia da valorizzare.
Ed è nell’emergere di una mentalità universalista così intesa, con la recente proliferazione di movimenti femministi, ambientalisti, a difesa delle minoranze, ecc. che Touraine vede ora il lascito positivo della modernità. Il punto dolente di tali considerazioni non è solo che tali movimenti sono tutt’altro che omogenei, con la conseguenza che le rivendicazioni femministe o ecologiste sono spesso da prendere con le molle, se non da respingere, proprio perché nascono da un’incomprensione o rifiuto della modernità.
Ma è soprattutto che, nella foga di attaccare le presunte élite del mercato e della globalizzazione, si dimentichi che anche le libertà economiche – di fare impresa, di investire, di scambiare, di offrire il proprio lavoro, ecc. – appartengono, o dovrebbero appartenere, al novero dei diritti individuali fondamentali. E che proprio l’esistenza di aree geografiche nelle quali tali libertà sono minacciate è una delle più gravi ingiustizie del nostro tempo, e una delle ragioni principali del persistere delle diseguaglianze.
In difesa della modernità
Alain Touraine
Raffaello Cortina, 306 pp., 26 euro
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