Gli affamati e i sazi
La recensione del libro di Timur Vermes, Bompiani, 507 pp., 22 euro
A uno come Timur Vermes, scrittore tedesco originario della Baviera, piace molto immaginare, provocare e far riflettere usando ipotesi inverosimili e grottesche, irriverenti e per certi versi persino attuali.
Nel libro che lo ha fatto conoscere al grande pubblico, Lui è tornato (Bompiani, 2013, tre milioni di copie vendute nel mondo), da cui l’omonimo film meno fortunato, faceva risvegliare addirittura Hitler in un campetto sportivo di Berlino che non ricordava nulla, se non l’immagine di Eva Braun in un bunker. In questo suo nuovo lavoro, presentato in anteprima al ventennale di Pordenonelegge, ci porta sempre in Germania, ma in un futuro prossimo. L’èra di Angela Merkel è appena finita, ma la Große Koalition è ancora lì, pronta a contenere l’immigrazione. Con gli altri governi europei, la Germania sostiene economicamente gli stati del Nordafrica, affinché questi controllino in maniera ferrea tutti coloro che vogliono evadere da quel continente disastrato e – di conseguenza – i governi africani, strapagati dall’Europa, costruiscono oltre il Sahara enormi campi di concentramento con oltre due milioni di disperati che guardano a quel continente lontano come a una terra promessa.
In quel campo arriva Nadeche Hackenbush, un fenomeno da baraccone reso celebre dall’ennesimo reality show, portandosi dietro tutta l’arroganza, l’idiozia e il kitsch rappresentato all’ennesima potenza, oltre che dai suoi modi, dalla jeep tigrata rosa e nera con cui scorrazza tra i campi. C’è anche una giornalista pop con lei per raccontare quell’avventura: portare a piedi, dall’Africa alla Germania, centocinquantamila immigrati senza acqua né cibo. Un’impresa sulla carta impossibile, una marcia di disperati, non c’è ombra di dubbio, in cui ognuno gioca la sua parte all’insegna dello share tv (che anche nell’altro libro aveva una grande importanza), soprattutto se in prime time. La donna sfrutta l’attenzione del pubblico televisivo e si mette così in marcia verso l’Europa e con i “suoi” migranti diventa campionessa di ascolti. L’emittente televisiva gioisce per la cronaca dal vivo, i record e le entrate milionarie della pubblicità, ma la politica tedesca volge lo sguardo altrove e aspetta, non sapendo se intervenire o no, se accoglierli o respingerli.
Vermes è abilissimo nel farci credere all’inimmaginabile e lo fa con la sua solita ironia e irriverenza, adoperando parole ed escamotage capaci di convincere anche gli ultimi tra gli scettici, ma sempre con il fine di farci aprire gli occhi sugli abissi in cui rischiamo di precipitare durante una crisi che è globale. Nessuno si può salvare da solo e siamo tutti affamati e sazi allo stesso tempo: l’autore ce lo spiega dandoci una lettura del nostro mondo contemporaneo in una maniera distolta – questo è sicuro – ma assolutamente viva. “Tutto potrebbe accadere in un mondo completamente diverso”, scrive e ci conferma dal vivo, “tuttavia è improbabile”.
Timur Vermes,
Bompiani, 507 pp., 22 euro
Una fogliata di libri