Il vichingo nero

Francesco Musolino

Bergsveinn Birgisson
Iperborea, 448 pp., 20 euro

Raccontare la storia di un vichingo vissuto trenta generazioni fa è davvero un’impresa eccezionale, al limite dell’assurdo. Eppure, proprio l’intento di ripescare dall’oblio della storia l’esistenza di Geirmund Hjörsson Pelle Scura è l’idea alla base de Il vichingo nero, scritto da Bergsveinn Birgisson (tradotto da Silvia Cosimini). Iperborea è una delle poche case editrici che sperimenta nuove forme di narrazione, veleggia nel mondo scandinavo – e non solo, come dimostra il successo dei reportage di The Passenger – e con questo libro, fra saggio e romanzo, sfida i suoi lettori: saranno disposti a tuffarsi a capofitto nella storia del nord Europa per scoprire la storia di questo uomo vissuto 1.100 anni fa, altrimenti detto il Vichingo nero? Tutto nasce con un racconto che fa riemergere le prime tracce – confuse, nebbiose – degli antichi colonizzatori norvegesi ma cosa ne è stato delle loro vite? Figlio di un re norvegese e di una nobile sami siberiana e colonizzatore dell’Islanda, il Vichingo nero stuzzica la curiosità dell’autore, Bergsveinn Birgisson, quarantottenne studioso islandese di letteratura norrena, che si tuffa nell’impresa incrociando le notizie dei commentari d’epoca con le scoperte archeologiche, svolgendo analisi comparate dei toponimi norvegesi e islandesi, rintracciandone le poche tracce nelle mitiche saghe. Ma si farebbe un gran torto a etichettare questo libro come un tomo da biblioteca, buono solo per gli studiosi; viceversa, accanto alla ricerca meticolosa delle fonti, Birgisson riporta indietro il tempo sino al 846 dopo Cristo, passando dalla Norvegia al Bjarmaland, la terra di sciamani da cui proviene la madre di Geirmund – che gli diede quella tonalità di pelle caratteristica – e poi ancora l’Irlanda, puntualmente depredata per mettere in schiavitù i civili inerti e ovviamente l’Islanda ancora inesplorata, in un racconto pieno anche d’azione, capace di restituire l’ebbrezza del mare aperto solcato dalle maestose navi di legno dei vichinghi, in cerca di terre da esplorare, aprendo rotte in mappe ancora inesistenti in un mondo ancora selvaggio e preda di forze ancestrali, fra guerrieri armati d’ascia e il buio della notte che inghiotte ogni cosa e fa una tremenda paura. Eccolo l’abisso che guarda dentro noi. Un po’ autobiografia, un po’ saggio e romanzo storico, nessuno aveva mai scritto di Geirmund Hjörsson Pelle Scura, grande colonizzatore che vide nella verde terra d’Islanda una grande fonte di guadagno e così, all’apice del suo potere, giungerà a controllare un vero e proprio impero commerciale. Non già la fuga di uomini oppressi verso una terra libera, dunque, ma l’ingegno umano che arraffa, sfrutta, depreda e piega la natura incontaminata, sottomettendo e sacrificando i più deboli. Sì, la storia del vichingo nero è molto più attuale di quanto si possa credere e oggi come allora, Bergsveinn Birgisson sembra metterci davanti ad una semplice verità: siamo i padroni del nostro stesso destino. Ma cosa ne faremo di questa Terra?

 

Il vichingo nero
Bergsveinn Birgisson
Iperborea, 448 pp., 20 euro

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