La scomparsa di Adèle Bedeau
La recensione del libro di Graeme Macrae Burnet, Neri Pozza, 240 pp., 17 euro
Se Manfred Baumann, il goffo direttore di banca protagonista del giallo raffinato ed elegante scritto da Graeme Macrae Burnet, avesse un volto preciso, sarebbe quello di Eddie Marsan, il talentuoso attore inglese che interpretava il funzionario comunale addetto alla ricerca dei morti in totale solitudine nel film “Still Life”. In comune con il dimesso impiegato, Manfred ha l’essere un uomo che vive di abitudini minime e rassicuranti, solitario e sfuggente, nessuno slancio, nessuna forte emozione. Una vita racchiusa in un perimetro stretto: il suo appartamento – nell’anonima cittadina di Saint-Louis al confine tra Francia e Svizzera – e il Restaurant de la Cloche dove mangia ogni giorno sedendosi al solito tavolo. Famigliari per lui sono i volti che abitano quel luogo: il proprietario Pasteur e la moglie Marie. Ma soprattutto una giovane cameriera – Adèle – che ogni pasto gli serve il caffè non degnando Manfred di grande attenzione.
La ragazza lavora a La Cloche da qualche mese ed è un tipo un po’ scontroso e molto sulle sue ma di una bellezza quasi esotica che non lascia Manfred indifferente. L’uomo fantastica su di lei, desiderando avere una confidenza maggiore, sperando che Adèle lo degni prima o poi di un’attenzione speciale. Desiderando che quel rapporto di conoscenza stereotipato e formale possa diventare qualcosa di diverso. Forse – segretamente – qualcosa di più. Ma Adèle un giorno come altri scompare nel nulla. Nessuna traccia di quella cameriera in fondo estranea che però abitava silenziosamente la quotidianità dei clienti del ristorante. Le indagini sono affidate al poliziotto locale, l’ispettore Gorski. Come nei gialli tradizionali anch’egli dotato di un’aura misteriosa e parecchi conti in sospeso con il suo passato. Questi conti si chiamano Juliette, una giovane trovata strangolata in un bosco vent’anni prima. Un caso irrisolto che l’ispettore, allora alle prime armi, non era riuscito a chiudere. Ora invece Gorski è convito che le indagini debbano concentrarsi su Manfred, la cui vita viene scandagliata in ogni piccolo particolare per cercare di scoprire se, sotto l’apparente vita monotona dell’uomo, si celino pieghe inimmaginabili.
La scrittura raffinata e sapiente di Burnet conduce la narrazione verso un epilogo inatteso e affascinante, riuscendo a unire la tensione psicologica con un tratteggio dei personaggi sicuro e convincente. Ispirandosi alla penna di un maestro del genere come Simenon, la storia avvince per il suo equilibrio e le sue suggestioni, celando persino un segreto nell’origine del manoscritto. Burnet è maestro nella ricostruzione delle atmosfere e dell’identità dei caratteri, riuscendo a dare un preciso senso del luogo e dei personaggi che lo abitano. Ritrae la vita di provincia, con i suoi riti ed i suoi caratteri tipizzati. Dove l’incedere dei giorni è sempre uguale. Dove nessuno muore ma semplicemente si scompare. Dove “tutto è vero anche se nulla è esatto”.
Graeme Macrae Burnet
Neri Pozza, 240 pp., 17 euro
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