Apuleio, Metamorfosim Vol. I, Libri I-III
Recensione del libro a cura di Luca Graverini e Lara Nicolini edito da Mondadori, CXXX (390 pp., 50 euro)
Satirico eppure venato di misticismo, sacerdote e filosofo, neoplatonico e sofista. Apuleio sembra una contraddizione in termini, invece è un perfetto eclettico figlio dell’epoca eclettica per eccellenza, l’Ellenismo, uno scrittore prolifico dalla vita indiavolata e dal genio indiscutibile. Al di là dei sorrisi che ha strappato a chi ha letto le Metamorfosi, meglio note col titolo L’asino d’oro, quello che volle tramandare sant’Agostino, con il talento dell’equilibrista in bilico tra i generi questo greco nato nell’odierna Tunisia nel II secolo dopo Cristo ci ha lasciato un capolavoro. Pertanto ogni sua riedizione è un fatto memorabile, almeno per latinisti e giornalisti culturali, soprattutto se esce nella collana “Scrittori greci e latini” della Fondazione Valla.
Perché Apuleio, sebbene a Roma abbia soggiornato per un breve periodo, scrisse in latino, e che latino: affabulato, eccessivo, pieno di figure di suono. Cose da far accapponare la pelle ai puristi, ma tant’è: le disavventure di Lucio, studente che definiremmo goliardo, curioso oltre il lecito, al punto di cadere nella superstizione e perciò ritrovarsi tramutato in asino per un sortilegio, attraversano quasi due millenni con l’immutata capacità di divertire e far riflettere. Soprattutto noi, del qui e ora, dovremmo pensarci su un po’. Perché Apuleio, che non peccava di modestia e dichiarò di aver scritto “poemi di ogni genere (…), satire, enigmi, storie di varia natura, nonché orazioni e dialoghi ammirati dai filosofi” è passato alla storia per questo romanzo e per l’epillio che vi è incastonato, la favola di Amore e Psiche, nonostante il genere a quei tempi non fosse apprezzato. Sarà anche una bagatella a metà tra il folklore e l’erotismo spinto, tuttavia si presta a diversi livelli di lettura. Ma lasciamo agli studiosi il compito di stabilire quel che volesse comunicare il geniaccio di Madaura e accontentiamoci di notare ciò che può dire a noi. La storia di Lucio, che finisce per redimersi convertendosi ai misteri di Iside dopo essere stato irretito da sedicenti sacerdoti e da megere senza scrupoli, racconta la vena di irrazionalità sottesa a un mondo che stava per dissolversi.
L’Impero romano del II secolo era un crocevia di culti esotici, attese messianiche, paure. Un paradosso, se si pensa che aveva raccolto l’eredità di Atene e fondato le basi del diritto e la stessa idea di stato. Ma dei paradossi si nutre la storia che non si ripete, è vero, eppure spesso somiglia a se stessa e quindi qualcosa del mondo di Lucio si ritrova nel nostro: per esempio, la consueta credulità della plebe, la sensazione di vivere alla fine di un mondo, la smania di abbracciare una convinzione, per quanto balzana possa essere. Apuleio forse lo sapeva e si è fatto delle gran risate, a spese nostre e sue.
Ecco, il riso e i capolavori oggi latitano. Dunque accontentiamoci di questo. Non è poco: è il privilegio di essere antichi.
Apuleio, Metamorfosim Vol. I, Libri I-III
a cura di Luca Graverini e Lara Nicolini
Mondadori, CXXX 390 pp., 50 euro