La casa deserta
La recensione del libro di Lidija Cukovskaja, Jaca Book, 156 pp., 15 euro
Natascia simpatizzava col regime sovietico, ma quando aveva fatto domanda per entrare nel Komsomol non era stata accettata. “Mio padre era colonnello zarista, e, capisce, non credono che io possa essere una sincera simpatizzante – diceva Natascia socchiudendo gli occhi –. Da un punto di vista marxista, forse è anche giusto. Tutte le volte che parlava di questo rifiuto le si arrossavano gli occhi, e Olga Petrovna s’affrettava a cambiare discorso”.
Scritto in quattro mesi, fra il novembre del 1939 e il febbraio del 1940, La casa deserta è un romanzo breve e angoscioso, dominato dall’atmosfera cupa del regime staliniano. Vi si racconta il dolore attonito di una madre, ingenua ed esemplare cittadina sovietica, emblema del popolo russo tormentato e beffato dal comunismo.
Vergato a mano in gran segreto su quaderni scolastici, il manoscritto di Lidija Cukovskaja viene nascosto al sicuro presso amici: la donna è figlia di uno scrittore, tenerlo in un cassetto è pericoloso. Arrivano la guerra, l’assedio di Leningrado, infine la vittoria. I custodi del suo segreto sono tutti morti, ma l’autrice riesce miracolosamente a recuperare i quaderni. Seguono la morte di Stalin, il XX congresso, il disgelo.
Nel 1962 il libro potrebbe finalmente vedere la luce. Il testo è “approvato” dalle autorità, una casa editrice firma il contratto, ma la pubblicazione viene rimandata di un anno, poi due, poi tre. Il vento è cambiato, torna la censura. Certe pagine disturbano il potere sovietico.
“Davanti alla porta socchiusa dello studio si scontrò con il capocellula. “Non si può entrare!” le disse senza neppure salutarla e, zoppicando, passò in un’altra stanza. Aveva un’aria scombussolata. Olga Petrovna sbirciò attraverso la porta socchiusa. Davanti alla scrivania c’era un uomo sconosciuto che, in ginocchio, tirava fuori delle carte dai cassetti laterali. Tutto il tappeto dello studio era cosparso di carte. “A che ora ci sarà oggi il compagno Zakharov?” chiese all’anziana segretaria. “Lo hanno arrestato – le rispose la segretaria col solo movimento delle labbra, senza voce – stanotte”.
Nel 1965 la Cukovskaja intenta inutilmente causa allo stato per inadempienza contrattuale. Il processo però attira l’attenzione, molti copiano il testo privatamente (la celebre samizdat) e lo diffondono attraverso i canali clandestini. Infine La casa deserta viene trafugato all’estero, tradotto e pubblicato in varie lingue. In Italia esce nel 1977. Pagine dolorose, che svelano l’inganno e l’atroce destino di intere generazioni. “Comunicata questa notizia, senza neppure riprendere fiato, ne annunciò un’altra, mentre si riempiva la bocca di pane: nella loro scuola era successo uno scandalo. ‘Pashka Gussev, quello stronzo da vecchio regime…’. ‘Kolia non mi va che tu dica parolacce’, lo interruppe Olga Petrovna. ‘Ma non si tratta di questo: Pashka Gussev ha dato ad Alek Finkelstein dello sporco giudeo. Oggi in cellula abbiamo deciso di organizzare un processo esemplare, davanti a un tribunale di compagni. E sai chi è stato nominato pubblico accusatore? Io!’”.
Lidija Cukovskaja
Jaca Book, 156 pp., 15 euro
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