Un intoppo ai limiti della galassia
Il libro di Etgar Keret, Feltrinelli, 182 pp., 16 euro
Oggi sono pochi, davvero pochi, gli autori capaci di farci ridere con intelligenza. Raccolta dopo raccolta, lo scrittore israeliano Etgar Keret si può considerare il capofila del nuovo umorismo yiddish, degno erede del Woody Allen della stand-up comedy, con un’ironia in cui il consueto cinismo made in Usa cede il posto a una sfumatura melanconica, un taglio di luce con il quale l’autore – già noto per Pizzeria kamikaze e All’improvviso bussano alla porta – legge e rilegge le nostre umane debolezze, senza alcun biasimo. Una risata ci consolerà? Un intoppo ai limiti della galassia (pubblicato da Feltrinelli, con la traduzione di Alessandra Shomroni) propone racconti da leggere in sequenza o come rimedi contro l’anonimato della vita moderna. Questa silloge si avvia con la storia di un uomo che si fa sparare dal cannone del circo per riuscire a rivedere, volando sopra la città e finalmente privo di ogni maschera, il figlio di cui ha perso le tracce da tempo. E poi, un pesce rosso che la notte esce dall’acquario per guardare i suoi programmi preferiti in tv, corrompendo la nostra idea di normalità, giungendo a una coppia che riesce a confessare la fine del proprio rapporto mentre visita la sala dedicata alle piccole vittime della Shoah, presso lo Yad Vashem di Gerusalemme. Luoghi limite o normalissimi, in Israele o a spasso per il mondo, i racconti di Keret vanno a finire dove non t’aspetti, osano con un linguaggio morbido, grazie a dialoghi che funzionano sempre con grande precisione, regalandoci sempre un colpo di scena finale. Talvolta una risata, talvolta un sorriso amaro, sotto l’egida di un generale e collaudato disincanto che fa di Keret – quasi a smentire la premessa iniziale – ben più che uno scrittore umoristico; anzi, nella sua scrittura affiorano tracce di Isaac Bashevis Singer e Sholem Aleichem. Così facendo, Keret assurge a cantore di una generazione precaria e dispersa nel web – così nel racconto “Finestre” si affronta l’intelligenza artificiale mentre in “Tabula rasa” chiama in causa i cloni che pur essendo dotati di sentimento, sono condannati a venire considerati entità subordinate ai nostri occhi – disperatamente desiderosa di cogliere la levità e l’ironia delle cose che ci accadono e al contempo, provando a mettere ordine nel caos delle relazioni affettive.
Ai ventidue racconti di cui è composto Un intoppo ai limiti della galassia si somma un testo più diffuso fatto da un fitto scambio di mail fra il gestore di un’escape room nella cittadina di Rishon LeZion e tale Michael Warshawsky, il quale vorrebbe che la propria madre, sopravvissuta all’Olocausto, potesse rifugiarsi e sentirsi al sicuro in quel preciso locale durante la giornata della memoria della Shoah. Etgar Keret si conferma una raccolta dopo l’altra, fra compromessi e una certa propensione all’assurdo, una delle voci più interessanti – e per nulla innocue – della narrativa contemporanea mondiale. Sì, è giunto il momento di leggerlo sul serio.
Etgar Keret
Un intoppo ai limiti della galassia
Feltrinelli, 182 pp., 16 euro
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